Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Ispirata a una ballata medievale svedese, è un'amara parabola sulla violenza e il conseguente bisogno di vendetta che si conclude con un intervento diretto di Dio attraverso un miracolo, che segna uno dei momenti di massimo avvicinamento alla fede da parte del laico Bergman. Teso, livido, spoglio, di ammirevole densità espressiva e, a tratti, di notevole forza visiva (soprattutto nelle sequenze ambientate nella foresta). Sconvolgenti ma estremamente ben realizzate le sequenze dello stupro e dell'uccisione dei tre pastori; anche l'atmosfera medievale è ricreata con cura. Vinse un Oscar per il miglior film straniero, ma, a quanto pare, non è mai rientrato nel novero dei film dell'autore preferiti dalla critica, anche per accuse a mio parere poco fondate di formalismo e di eccessivo schematismo nella contrapposizione fra la barbarie del paganesimo e la salvezza offerta dalla fede cristiana. Nelle opere successive, tuttavia, l'apparente certezza riguardo alla fede segnata dal miracolo finale verrà messa sempre più in dubbio : nel contesto di questo film il miracolo funziona perfettamente e permette di raggiungere la catarsi finale dopo tanto spargimento di sangue. Come riconobbe lo stesso regista, c'è un'influenza del Kurosawa di Rashomon, di cui questo film sarebbe una "misera imitazione" secondo Bergman (e qui non siamo per niente d'accordo, anche se chiaramente il film non eguaglia lo splendore del capolavoro giapponese) voto : 8
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