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La fontana della vergine

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La fontana della vergine

di sasso67
8 stelle

Questo medioevo svedese discende direttamente (anche se a ben guardare i periodi lo precede) da quello del "Settimo sigillo": mentre questo film si svolgeva in una Svezia ormai cristianizzata, anche se impaurita da scenari millenaristici e da pestilenze che evocavano una morte nera dall'aspetto mellifluo, La fontana della vergine riporta indietro a una Scandinavia appena convertita al cristianesimo da un paganesimo che fa sentire ancora molto forte la propria influenza. Tracce di questa tradizione pagana si possono notare perfino nella devota Märeta, che all'inizio del film si fa colare la cera sui polsi e alla fine istrada il marito sulla via della vendetta. Quest'ultima ha un sapore e un andamento prettamente pagani, sia come istituto che ricorda le faide germaniche sia come svolgimento, con la lotta di Töre con l'albero per strapparne i rami che serviranno all'autofustigazione e poi alla purificazione prima del sacrificio. Ma anche Töre sente il richiamo di Dio, un Dio che non gli parla (come al cavaliere Antonius Block del "Settimo sigillo"), ma di cui ha incoercibilmente bisogno, così come ha bisogno del suo perdono per l'omicidio di tre persone, e al quale offre la propria espiazione attraverso la costruzione, proprio con quelle mani che hanno ucciso, di una chiesa. E Dio sembra accogliere la sua proposta facendo sgorgare una fontana d'acqua pura nel posto in cui è stata uccisa la sua unica figlia.
"La fontana della vergine" ha un andamento lento, triste e cupo, ma alla fine è uno dei pochi film di Bergman che lascia uno spiraglio aperto per la speranza. La vicenda è costellata da episodi strani e misteriosi (il rospo infilato nel pane) che sembrano far apparire come siano più forti gli dei pagani invocati dalla sguattera incinta, rispetto al Dio cristiano e alla Madonna. Alcuni episodi rimandano ad esperienze di film d'argomento religioso come il "Nazarin" di Buñuel (penso al ragazzino che vomita durante il pasto, o ai pastori che mentono per vendere le vesti di Karin), mentre l'ambientazione rimanda al "Dies Irae" di Dreyer. Bergman riesce a ricreare, anche grazie alla stupenda fotografia di Sven Nykvist e alla musica ascetica di Erik Nordgren, il substrato di rigore morale che ha sempre caratterizzato i suoi film.

Su Max Von Sydow

Max Von Sydow è monumentale ancora una volta, nell'interpretazione di questo vichingo che, sia quando si lava prima della vendetta rituale sia quando siede sul trono di legno in attesa dell'alba di sangue, somiglia davvero a un dio del valhalla.

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