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La fontana della vergine

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La fontana della vergine

di moonlightrosso
10 stelle

Un film che si presta a innumerevoli ulteriori letture ma con un solo punto cardine: la centralità dell'uomo e della sua anima.

Uno dei prodotti meno cercati e meno conosciuti della filmografia di Ingmar Bergman (regista più di ragione che di azione) ma non per questo meno significativo per l'analisi del suo universo filmico.

Prendendo spunto da un'antica leggenda svedese, Bergman, non immemore della lezione dell'italico neorealismo, ricostruisce per la prima volta nella storia del cinema un Medioevo mai di maniera ma fatto di ignoranza, sporcizia, denti guasti, vesti muliebri infagottate, adorazioni pagane segrete tra comari ipocrite che lamentano di abitare lontane dalla Chiesa. Una visione "sporca" dell'antichità che sarà di futura ispirazione per il nostro Mario Monicelli nell'ambientare la sua Armata Brancaleone.

Il guerriero crociato Tore, capovillaggio di una retriva e bigotta comunità contadina, ordina alla figlia adolescente Karina di portare i ceri alla locale statua della Madonna, il tutto nel pieno rispetto di una tradizione che vuole che il compito venga affidato a una ragazza vergine. Accompagnata dalla serva Ingeri, incontrerà durante il tragitto due fratelli pastori (uno sdentato e l'altro sordomuto) dai quali sarà deflorata e uccisa a bastonate, il tutto sotto lo sguardo inerte di Ingeri, che non farà nulla per difenderla e del fratellino piccolo dei pastori stessi. Questi ultimi, rifugiatisi casualmente a casa della famiglia di Karina per rifocillarsi e trovare un riparo per la notte, commetteranno l'errore imperdonabile di offrire in vendita alla madre la veste della figlia uccisa. Tore, interrogata la serva, truciderà i due disgraziati e anche il bambino, ignorandone l'innocenza. Recatisi su indicazione di Ingeri sul luogo del delitto, i familiari scopriranno una sorgente che inizierà a zampillare una volta rimosso il cadavere di Karina.

Ingmar Bergman, con la sua consueta impostazione statico-teatrale (nella quale qualsiasi altro regista si sarebbe perso), sorretta da una sceneggiatura scritta e riscritta più volte, dai chiaroscuri del nitido bianco e nero di Sven Nyqvist e con una cura più che maniacale dei particolari, utilizza la tragedia e quelle atmosfere plumbee tipicamente scandinave per una riflessione sulle contraddizioni dell'animo umano, perennemente in bilico fra razionalità e istinto, pessimismo e speranza, paganesimo e cristianesimo, bigottismo e fede.

Max Von Sydow, attore feticcio bergmaniano, è un misurato Tore, le cui certezze incrollabili incastonate in un fisico da guerriero adamitico e quasi ellenico, sono destinate a sgretolarsi nella sua inutile vendetta (che sarà diretta ispirazione per Aldo Lado nel suo treno della notte). Il suo rivolgersi a un Dio che non dà risposte e al quale comunque e in ogni caso si deve chiedere perdono, riflette inoltre quel pensiero e quella filosofia "ateo-cristiana" che accompagnerà il regista svedese nell'intero percorso della sua filmografia e della sua vita.

Capo carismatico, forte, generoso e ingenuo, di cui la virginale e capricciosa figlia (Brigitta Petterson) può essere l'ideale emanazione, trova nella disgraziata Ingeri il suo miglior contraltare. Ne riveste il ruolo una scarmigliata Gunnel Lindblom, anch'essa quasi sempre utilizzata dal primo Bergman soprattutto per la sua impostazione squisitamente teatrale. Orfana, resa gravida e profanata sia nel fisico che nello spirito, scatenerà la sua ira e il suo odio contro la più fortunata coetanea Karina invocando Odino, divinità pagana degli antichi scandinavi e alla quale si ispirerà in futuro la maciara Bolkan nel fulciano Paperino.

Un film straordinario assolutamente da riscoprire, un piccolo grande gioiello di immagini e di dialoghi sempre essenziali e mai banali (ancorchè rovinati dal doppiaggio bigotto dell'epoca) che si presta a innumerevoli ulteriori letture ma con un solo punto cardine: la centralità dell'uomo e della sua anima.

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