Regia di Guido Chiesa, Daniele Vicari vedi scheda film
Il partigiano Guido (Chiesa) da anni fa militanza usando a volte la cinepresa, a volte la videocamera, rielaborando spesso materiali di repertorio, sfruttando sino allo sfinimento avid e moviole. In totale complicità con Daniele Vicari, prima di buttarsi nell’amato “Johnny” di Fenoglio, realizzò questo struggente film documentario, partendo dall’esperienza di cinque “piccoli indiani”, ieri operai Fiat, oggi nelle “riserve” di una quotidianità serena e pacificata solo in apparenza. Sotto il selciato dei bei volti di Ebe (ora fisioterapista), di Gianni (pescatore in Sardegna nella cooperativa “Aragosta rossa”), di Vincenzo (lavora il legno), di Pasquale (educatore in un carcere minorile) e di Pietro (creatore di pupazzi di gommapiuma), arde ancora quel “morbo” che «se ce l’hai addosso, non te lo togli più». Nel ’79, a Torino c’erano 1 milione e 200 mila abitanti, ora 900 mila; i dipendenti della Fiat Auto erano 110 mila, oggi sono 30 mila; mentre le aree industriali dismesse ammontano a 6 milioni di mq. Chi avesse voglia di capire come si è passati dal “fordismo” alla globalizzazione, perché l’omologazione trionfi al posto dei pensieri divergenti e del sano antagonismo, come mai “la marcia dei 40 mila” segnò la fine delle lotte della classe operaia, insegua in capo al mondo “Non mi basta mai”, sincero come il pugno inferto dai padroni, dai vertici sindacali e dalla stampa di regime a tutti gli uomini e le donne che credevano nell’Utopia.
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