Regia di E. Elias Merhige vedi scheda film
Il film dell'esordiente E. Elias Mehrige sposa totalmente la leggenda secondo cui Max Schreck, l'interprete del Nosferatu di Murnau fosse realmente un vampiro.
Ciò fa si che la pellicola ha un suo valore fino a tre quarti del suo sviluppo, dove grazie a una sontuosa fotografia barocca, curata da Lou Bogue, si crea un'atmosfera malsana e sinistra in cui le apparizioni del 'vampiro', reso con grande impeto e capacità trasformiste da un irriconoscibile Willem Dafoe, avvolto in un mantello e dalle spaventose unghie sporgenti, che sembra arrivare dal nulla, sono la cosa migliore del film.
Quando però viene rivelato il patto faustiano tra il vulcanico regista del muto, impersonato con energia da John Malkovich e il suo attore e la situazione degenera verso l'horror, tutto il buono che era stato fatto va in parte ridimensionato.
Resta un omaggio sui generis a un vertice dell'epoca del muto, fin dai bellissimi e lunghi titoli di testa per poi passare all'introduzione della vicenda con le didascalie tipiche di allora (anche se c'è un errore nelle diciture, il nome dell'autore del romanzo è indicato Brahm con un'acca che cresce! e nei dialoghi tra i grandi registi viene citato Ejzenstein che nel 1921-22 non aveva ancora esordito) con passaggi dal bianco e nero al colore a testimoniare il film nel film e quindi un curioso gioco di specchi tra finzione e realtà, entrambe all'interno di un'altra finzione.
Un'opera diseguale, con delle imperfezioni, ma che merita una 'seconda possibilità'.
Voto: 7.
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