Fronte russo, Seconda guerra mondiale. Un gruppo di poveracci proveniente da Arasolè, un immaginario paese della Sardegna, si ritrovano per combattere in un paese sconosciuto una guerra che rende ancora più dura la loro lotta per la sopravvivenza. La fame e la miseria sofferta sull'isola sono niente al confronto della follia del fronte bianco.
Note
Il titolo in sardo significa "Quelli dalle labbra bianche", espressione gergale che indica i poveri, i dannati della terra ed è poi il titolo del romanzo di Francesco Masala al quale si ispira. Il film è un omaggio a loro, ai dimenticati. Piero Livi, una vita da regista Rai, cullava questo progetto da anni. A suo tempo ne aveva parlato con il grande Giuseppe De Santis che l'aveva incoraggiato, definendolo un seguito ideale di "Italiani brava gente". Il film è efficace nelle parti di guerra, segnate da un realismo molto crudo (sbandati e affamati, i soldati arrivano al cannibalismo) e da un senso dolente del conflitto (non c'è patriottismo di maniera, essere catturati dai russi è l'unica speranza di salvezza). Funziona meno in certe aperture oniriche, un po' di maniera e poco risolte sul piano figurativo.
Il film ha l'indubbio merito di far emergere la storia dimenticata di questo gruppo di sardi coinvolti in una guerra che sentono lontana. Ma ha un taglio troppo televisivo per non perdere di credibilità narrativa. Le vicende del fronte sono decisamente le più convincenti, così come commoventi sono le vicende esistenziali di ogni singolo soldato.
Dal romanzo di Francesco Masala "Quelli dalle labbra bianche", la storia tragica di un manipolo di militi sardi sul fronte russo della seconda guerra mondiale.
uscito in pochissime sale e subito scomparso nel nulla (ma è successo anche a pellicole molto più pubblicizzate, come "Kinsey"), è un film che vale la pena di vedere. La storia è tratta dal libro di Francesco Masala.
Quelli dalle labbra bianche - in sardo Sos laribiancos - sono i poveri, i diseredati, gli affamati.
Piero Livi racconta la storia di nove sardi caduti sul fronte russo durante la seconda guerra mondiale, nel caposaldo tre della linea K.
Nove sardi di Arasolé, villaggio immaginario simile a tanti altri villaggi sparsi per il mondo, dove la miseria è sempre uguale e tutto l'anno… leggi tutto
Il titolo in sardo, “Sos laribiancos”, significa “Quelli dalle labbra bianche”, espressione gergale che indica i poveri, i dannati della terra ed è poi il titolo del romanzo di Francesco Masala al quale si ispira. Il film è un omaggio a loro, ai dimenticati. Piero Livi, una vita da regista Rai, cullava questo progetto da anni. A suo tempo ne aveva parlato con il grande Giuseppe De… leggi tutto
Quelli dalle labbra bianche - in sardo Sos laribiancos - sono i poveri, i diseredati, gli affamati.
Piero Livi racconta la storia di nove sardi caduti sul fronte russo durante la seconda guerra mondiale, nel caposaldo tre della linea K.
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Il titolo in sardo, “Sos laribiancos”, significa “Quelli dalle labbra bianche”, espressione gergale che indica i poveri, i dannati della terra ed è poi il titolo del romanzo di Francesco Masala al quale si ispira. Il film è un omaggio a loro, ai dimenticati. Piero Livi, una vita da regista Rai, cullava questo progetto da anni. A suo tempo ne aveva parlato con il grande Giuseppe De…
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Commenti (3) vedi tutti
Il film ha l'indubbio merito di far emergere la storia dimenticata di questo gruppo di sardi coinvolti in una guerra che sentono lontana. Ma ha un taglio troppo televisivo per non perdere di credibilità narrativa. Le vicende del fronte sono decisamente le più convincenti, così come commoventi sono le vicende esistenziali di ogni singolo soldato.
commento di Peppe ComuneDal romanzo di Francesco Masala "Quelli dalle labbra bianche", la storia tragica di un manipolo di militi sardi sul fronte russo della seconda guerra mondiale.
leggi la recensione completa di passo8mmridottouscito in pochissime sale e subito scomparso nel nulla (ma è successo anche a pellicole molto più pubblicizzate, come "Kinsey"), è un film che vale la pena di vedere. La storia è tratta dal libro di Francesco Masala.
commento di bocchan