Regia di Pierluigi Ferrandini vedi scheda film
Franco Percoco (Vicari), nullafacente rampollo di una famiglia piccolo borghese di Bari, nel 1956 uccise il fratello (portatore della sindrome di Down) e i genitori, per poi darsi alla bella vita, tra prostitute, locali esclusivi, champagne e auto di lusso. Ma il gioco durò poco, anche - se non soprattutto - a causa dei miasmi provenienti dall'appartamento nel quale il ragazzo tenne i tre cadaveri per dieci giorni.
Assurto agli onori della cronaca per essere stato il primo caso di strage familiare del secondo dopoguerra (sarà vero?), il triplice delitto ebbe risalto mediatico e il ragazzo - un precursore delle "gesta" di Pietro Maso - fu battezzato "il mostro di Bari". Al di là della rilevanza del fatto di cronaca, il film - tratto dall'omonimo romanzo di Marcello Introna - si colloca diverse spanne al di sotto di qualsiasi canone cinematografico: regia bolsa, ritmo soporifero e, soprattutto, attori che nemmeno in una recita parrocchiale di infimo livello. L'unico aspetto dove il regista Ferrandini fa centro è quello che punta lo sguardo sul microcosmo sociale di provincia, tra portinaie invadenti e vicini sospettosi e ficcanaso. Comunque, trascurabilissimo.
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