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L'ultimo bacio

Regia di Gabriele Muccino vedi scheda film

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La recensione su L'ultimo bacio

di barabbovich
8 stelle

Abbandonati i conflitti generazionali con i professori ed i genitori dei due film precedenti (Ecco fatto e Come te nessuno mai), al suo terzo film Muccino si avventura sull'analisi di quelli di coppia. Dal racconto di respiro Altmaniano, nel quale le vicende dei tanti protagonisti si accavallano tra loro, emerge la storia di Carlo (Stefano Accorsi), trent'anni ed un'ottima posizione professionale, che - dopo tre anni di convivenza con Giulia (Giovanna Mezzogiorno, sua compagna nella vita) - aspetta con lui un bambino. Ad una festa Carlo conosce Francesca (Martina Stella), studentessa liceale vitalissima e di ineffabile bellezza. Un'avventura con lei, motivata soprattutto dal timore di venire risucchiato nel vortice di un quotidiano orrendamente grigio come quello della generazione dei suoi genitori, fa precipitare il rapporto con Giulia, che a sua volta vorrebbe consolare la madre (Stefania Sandrelli), estenuata da un rapporto asfittico con un marito indolente e distante. Gli amici di Carlo e Giulia non se la passano meglio e stanno meditando un viaggio catartico in Africa, lontani dai conflitti con le rispettive famiglie. In sottofinale, tutti sono davanti allo stesso problema: chi se ne andrà? Chi resterà?
Opera trepidante, impetuosa, recitata in maniera strepitosa, diretta benissimo, afflitta da una musica onnipresente e a tratti fastidiosa, L'ultimo bacio solleva il dubbio di volere accontentare tutti. Il finale apparecchiato da Muccino proietta Carlo in un futuro tranquillo nella quiete familiare (con un ammiccante scena finale), sua suocera Anna tra le più sicure braccia del marito dopo il tentativo di fuga e i suoi amici in espatrio verso l'Africa. Insomma, la sindrome di Peter Pan - amalgama comune a tutti i personaggi del film - in alcuni casi viene vinta, in altre legittimata. Inevitabile fonte di controversie sui contenuti, il film di Muccino, che con l'occasione si è aggiudicato il David di Donatello - pur rappresentando dei trentenni ricchi e senza problemi reali - emoziona, pulsa, stordisce, tra cellulari che squillano in continuazione, salite e discese lungo tutta la gamma espressiva a cui possono dare vita i conflitti umani, eleganza di regia. Ma la morale del film dimentica che - come ha scritto Domenico Monetti - "spesso la fedeltà coniugale è il risparmio e il tradimento un lusso". Imperfetto ma ardente.

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