Peter Egermann è un professionista affermato, ha una bella consorte, è circondato dal benessere. Proprio per questo appare ancor più immotivato e assurdo il delitto di cui si rende protagonista: lo stupro e lo strangolamento di una prostituta, che lo conduce all'internamento in un manicomio criminale. Un atto di cui nessuno (il magistrato, lo psichiatra, la moglie, la madre) è in grado di elaborare una spiegazione plausibile.
Note
Bergman cala in uno scenario gelido e asettico una vicenda angosciosa e per certi versi sgradevole, nella quale torna a sollevare gli interrogativi senza risposta sulla condizione umana che percorrono la sua intera filmografia.
Secondo me è una delle opere più straordinarie e sottovalutate di Bergman, ma anche una delle più spietate.
L'irrimediabile discesa agli inferi di Peter Egerman è nei suoi risvolti psicologici una denuncia alla società contemporanea, il suo annientamento programmato («Mi faccio saltare in aria a brandelli») l'unico modo per adeguarsi alla realtà
Nella prima sequenza (a colori) si assiste all'omicidio di una prostituta da parte di Peter Egerman (Robert Atzorn), un uomo sulla quarantina, in apparenza molto posato ma in preda (forse) ad un raptus omicida: da questo momento in poi, con una struttura che pare presa da 'Rapina a mano armata', viaggiamo nel tempo della narrazione, con flashback e flashforward, con i quali conosciamo il… leggi tutto
Quando dalla noia di vivere, dall'incapacità di amare, di riconoscere i propri sentimenti, nasceva la follia, che ha la sua nobiltà, si poteva ancora stare allegri; la crisi del protagonista di “Un mondo di marionette” sfocia in uno squallido dramma da cronaca nera, l'omicidio banale e insensato di una prostituta. Bergman racconta il delitto e poi, muovendosi… leggi tutto
Una caratterizzazione più flebile dei precedenti lavori del regista svedese annichilisce le velleità, del resto non poche: psicanalisi di un omicida incosciente, parallelo con l'incomprensibile che guida le azioni degli uomini . L'indagine, non semplicemente quella poliziesca della trama, parte dall'inspiegabile come dato di fatto imprescindibile nella natura e nelle azioni umane,… leggi tutto
Un mondo di marionette è l’ultimo film della parentesi tedesca di Igmar Bergman e una delle opere più spietate, oscure e feroci nella pur lunghissima e straordinaria produzione del regista, uno sforzo lungo quasi cinquanta pellicole tutte rigorosamente scritte e dirette dal maestro.
Vorrei iniziare a parlare di questo film descrivendo una scena, agghiacciante, forse…
Nella prima sequenza (a colori) si assiste all'omicidio di una prostituta da parte di Peter Egerman (Robert Atzorn), un uomo sulla quarantina, in apparenza molto posato ma in preda (forse) ad un raptus omicida: da questo momento in poi, con una struttura che pare presa da 'Rapina a mano armata', viaggiamo nel tempo della narrazione, con flashback e flashforward, con i quali conosciamo il…
Il grande e piccolo schermo si sono spesso i...nteressati (più o meno direttamente) di scacchi. I film e i telefilm ambientati nel mondo degli scacchi sono davvero un numero esiguo, mentre la scacchiera…
Quando dalla noia di vivere, dall'incapacità di amare, di riconoscere i propri sentimenti, nasceva la follia, che ha la sua nobiltà, si poteva ancora stare allegri; la crisi del protagonista di “Un mondo di marionette” sfocia in uno squallido dramma da cronaca nera, l'omicidio banale e insensato di una prostituta. Bergman racconta il delitto e poi, muovendosi…
Tutto ruota attorno all'omicidio di una prostituta.Viene analizzato il prima e il dopo con i personaggi che hanno vissuto l'accaduto,alla maniera del maestro svedese che analizza le persone nel loro profondo psicologico e umano .Bellissimo come sempre e come sempre imperdibile.Questo e' altro cinema.Punto.
Un mondo di marionette è uno dei film più tragici di Ingmar Bergman, una di quelle pellicole che permette al regista di mettere in luce le varie sfaccettature del suo pessimismo.
La storia ruota intorno alla figura di Peter Egerman, affermato uomo d’affari dalla vita privata in apparenza ordinaria e in realtà profondamente tormentata. Figlio di una nota…
Accolto freddamente da molti critici, secondo me è migliore della sua fama, pur rimanendo opera minore nel canone Bergmaniano. La costruzione narrativa frammentata in blocchi distinti e disposti in un ordine non cronologico è un pò faticosa da seguire, ma il caso clinico è sviscerato in profondità e riesce a dare i brividi. Film pessimista che dipinge una condizione umana per certi versi…
Una caratterizzazione più flebile dei precedenti lavori del regista svedese annichilisce le velleità, del resto non poche: psicanalisi di un omicida incosciente, parallelo con l'incomprensibile che guida le azioni degli uomini . L'indagine, non semplicemente quella poliziesca della trama, parte dall'inspiegabile come dato di fatto imprescindibile nella natura e nelle azioni umane,…
Piuttosto bistrattato, il secondo film tedesco (dopo "L'uovo del serpente", del 1977) di Bergman, visto a più di venticinque anni di distanza, non è affatto male, pur considerando che sulle nevrosi umane e su certi aspetti della vita di coppia, il regista svedese ci aveva detto di più e di meglio in passato. In un bianco e nero incastonato tra un prologo e un epilogo a…
Peter e Katarina Egerman compaiono inizialmente nella sequenza d’esordio di “Scene da un matrimonio”, interpretati da Bibi Andersson e Jan Malmjo (qui sostituiti da Christine Bucheger e Robert Azton), ma la loro storia non è altro che la riscrittura di un precedente progetto bergmaniano prematuramente abortito, “Amore senza amanti”.
“Il tema di due persone che sono unite in modo…
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Secondo me è una delle opere più straordinarie e sottovalutate di Bergman, ma anche una delle più spietate. L'irrimediabile discesa agli inferi di Peter Egerman è nei suoi risvolti psicologici una denuncia alla società contemporanea, il suo annientamento programmato («Mi faccio saltare in aria a brandelli») l'unico modo per adeguarsi alla realtà
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