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La strada verso casa

Regia di Zhang Yimou vedi scheda film

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La recensione su La strada verso casa

di FilmTv Rivista
8 stelle

È il film gemello di “Non uno di meno”, girato anch’esso nel ’99, con la stessa troupe, nelle stesse regioni della Cina rurale. Ma non si potrebbero immaginare due film più diversi. Ironico, didattico, fortemente “politico” “Non uno di meno”, Leone d’oro a Venezia ’99; lirico e spudoratamente poetico “La strada verso casa”, Orso d’argento a Berlino 2000. Un elemento in comune: la figura del maestro, centrale nella cultura e nella società cinesi fin dai tempi di Confucio. Un po’ come nel “Primo maestro” di Konchalovskij, classico (troppo dimenticato) del cinema sovietico, assistiamo all’arrivo del primo insegnante in un villaggio sperduto della Cina rivoluzionaria, nel ’58. Zhao Di, la ragazza più bella del villaggio, si innamora a prima vista di quel giovane istruito e fa di tutto per conquistarlo. Dovrà aspettare due anni e la riabilitazione politica del maestro: poi si sposeranno e vivranno assieme fino al ’99, quando la morte dell’uomo provoca il ritorno al villaggiodel figlio, ormai inurbato e travolto dal lavoro nella Cina post-denghiana. Il giovane ritrova così la madre (è l’inizio del film, in bianco e nero: il ’58 è un lungo, coloratissimo flashback), decisa a seppellire il marito secondo la tradizione: la bara andrà portata a spalle, perché il morto non dimentichi la strada di casa. Ma dove trovare, nel villaggio spopolato, gli uomini necessari? Come già “La storia di Qiu Ju” e il citato “Non uno di meno”, “La strada verso casa” è la storia di una donna coraggiosa e testarda, nonché una parabola sull’incontro/scontro fra modernità e tradizione. Zhang Yimou gira con stile ormai da virtuoso, grondante primi piani (quasi tutti dedicati alla giovane, splendida Zhang Zi Yi, protagonista anche di “La tigre e il dragone”) e dissolvenze incrociate. L’accademia è appena un passo più in là, ma l’intensità e la semplicità della storia d’amore sono tali da salvare il film in corner; e da renderlo un commovente, meraviglioso omaggio all’amore che trionfa su tutto. Anche sulla Cina feudal-maoista, e scusate se è poco.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 6 del 2001

Autore: Alberto Crespi

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