Regia di Francesca Archibugi vedi scheda film
L'agghiacciante esperienza del sisma: un morso elettrico che aggredisce le viscere. I disagi, la fatica e la tensione del dopo. Le inevitabili polemiche sui soccorsi e sulla ricostruzione. Il terremoto come dramma tipicamente italiano, per motivi geomorfologici e politici. Più che mai significativo è il titolo: l'oggi è l'emergenza, che si supera, praticamente e psicologicamente, aggrappandosi alle prime necessità della vita. Però il "domani" è la questione a lungo termine, il problema, a tratti disperante, di cercare una via d'uscita dalla provvisorietà, dal senso di distruzione e di perdita totale. L'eccezionalità del momento, protraendosi, finisce per logorare tutti, persino i bambini, che, sfuggendo istintivamente nella dimensione fantastica del gioco, solitamente riescono, molto meglio degli adulti, a librarsi al di sopra della realtà. La vita apparentemente continua, ma è come sospesa, indecisa sulla direzione da prendere, mentre le nuove scosse telluriche intervengono, a ripetizione, a spezzare ogni fragile illusione di ritrovata normalità. In questo film il terremoto è lutto, ma non morte; è la terribile mano divina che "fa nuove tutte le cose". È la svolta violenta che costringe a muoversi e a cambiare, a compiere uno sradicamento che può significare, a volte, una salutare rinascita.
Lo stile di Francesca Archibugi è un realismo casalingo, dal tocco spiccatamente femminile, che si abbandona con grazia ed indulgenza alla futile approssimazione delle espressioni quotidiane della cosiddetta gente comune. Questo è il sintomo di un approccio morbido alla realtà, che accarezza, senza ferirsi, anche le sue parti più aspre e spigolose.
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