Regia di Christian Tafdrup vedi scheda film
magistrale e spietato; di una crudeltà che può essere solo umana; un film che non avrei creduto o potuto pensare e che non stancherò rivederlo, perchè non importa come finisce, ma importano gli abissi e gli orrori che autorizziamo, che avalliamo col sorriso.
ci sono ancora per fortuna i film che ti lasciano addosso quel senso di malsano spaesamento, un brivido freddo di essere scoperto, nudo, alla mercè.
la famiglia danese più che essere diventata amica di quella olandese, è stata adocchiata.
fin dalla prima volta quando il marito olandese(patrick) si avvicina a al marito danese(bjorn), per chiedere se lo sdraio è libero.
in quel momento, l'esitazione di bjorn è stata accertata.
la sdraio era per la figlia agnes che era in piscina, ma bjorn alla domanda dell'altro, ha scelto una pragmatica educazione e glielo ha lasciato.
la famiglia danese ne ha approfittato per sganciarsi da altri turisti stranieri che li annoiavano a morte coi piatti preparati durante il corso di cucina. non volevano più star loro vicini e tutte le sere invece erano di fronte a loro, a fingere interessi per le loro giornate.
la figlia perde l'adorato coniglietto di pezza durante un'escursione nel caratteristico borgo, intanto che decidono se entrare nell'ennesimo ristorante troppo tipico, e bjorn vaga a ritroso del loro percorso, finchè ritrova il pupazzetto diligentemente adagiato su un cornicione panoramico.
quando tornano a casa, ricevono una cartolina stampata con una foto ricordo, e con l'invito di recarsi in visita da loro.
titubanti, decidono di partire per un fine settimana.
titubanti, sono titubanti, come tutti o molti di partire in visita di una coppia con figlio conosciuti superficialmente in vacanza, e quando arrivano nella loro casetta isolata nei boschi , l'educata gentilezza degli ospiti, inizia a spargere spore malefiche per la breve vacanza.
ogni volta che rispondono ad una domanda, ogni volta che accettano com'è normale che sia, una passeggiata, piuttosto che un invito fuori a cena, per bjorn, sua moglie susan e la figlia agnes è una sentenza cesellata con il loro consenso.
susan è vegetariana ma assaggia l'arrosto; agnes è messa a dormire col figlio abel che si lamenta tutta notte e non parla per un difetto alla lingua; escono a cena e i figli rimangono in casa con un baby sitter di 50 anni.
ogni volta che dicono si, i limiti di accettazione dei danesi sono costretti ad allargarsi, così come la libertà degli olandesi di testare la loro sopportazione.
solo susan ogni tanto sbrocca e risponde male, dimostrando che per lei i confini si stanno superando oltremodo, come quando karin si comporta con agnes come una madre, portandosela addirittura a letto, con patrick che dorme nudo.
e intanto vengono fuori le piccole bugie usate a mò di pasturazione durante la vacanza in italia; patrick non è dottore, e addirittura non lavora, tant'è che la cena la deve pagare bjorn; passo dopo passo, centimetro dopo centimetro, lo spazio di libertà della famiglia danese si restringe sempre di più fino a quando si allontanano dalla casa alla chetichella in piena notte, ma il maledetto coniglietto della figlia non si trova e bjorn decide con un'inversione a U di tornare da dove sono praticamente scappati.
susan ha tentato di far capire ad agnes che il suo coniglietto se lo sarebbe goduto abel, ma bjorn ha ceduto ai capricci della figlia, e quando agnes ritrova il pupazzo di pezza straccia sotto il sedile, susan sale a cercare il marito e lo trova a giudizio da patrick e karin che chiedono loro in cosa hanno sbagliato, facendoli sentire degli ospiti maleducati e sconsiderati, nonostante susan, su richiesta di bjorn, abbia elencato diversi episodi, in cui si sono sentiti a disagio.
patrick e karin sviscerano tutti gli episodi, dinostrando di quanto tutte le colpe che sono state loro rivolte, siano accadimenti accidentali, dovuti anche a quelle piccole bugie raccontate e finendola con il senso di colpa prima che bjorn e susan abbiano il tempo di chiedersi come abbiano potuto permettersi una vacanza di lusso come quella in cui si sono conosciuti.
gli agenti parassiti patrick e karin hanno ormai annusato con precisione assoluta i loro ospiti; susan aiuta karin in giardino,mentre questa si lamenta di una forbice che non taglia e bjorn accompagna patrick a fare la spesa per la sera, affinando la sua tecnica di psicologo d'accatto con il povero bjorn che è stanco di sorridere in continuazione con tutti, scoppiando in lacrime fermi a bere una birra in macchina all'interno di una cava, isolata e vuota.
bjorn e susan non cercano di allontanarsi, nonostante una scena di rabbia sfogata sul povero che non riesce a ballare come s'intende patrick.
e come degli scienziati che osservano i topi nel labirinto con pazienza spingono la resistenza degli altri fin dove vogliono; con una pazienza certosina, patrick si esercita nella sua recitazione di padre iracondo che maltratta il figlio e karin remissiva allunga sempre di più gli artigli su agnes, sotto lo sguardo attento di susan, madre amorevole, ma non quando deve soddisfare i suoi desideri, o sfogare le sue ansie.
NON PARLARE DEL MALE, parte da una banalissima domanda del regista durante una sua vacanza e ne ricava uno studio perfido e cattivissimo sui comportamenti umani.
per assurdo quelli che ne escono più ammaccati sono i danesi computi, educati, sensibili e attenti al prossimo; patrick e karin non fanno altro che provare a spostare le loro trappole sempre più avanti; una battutina cattiva, una cattiveria sulla figlia, un pizzico e uno schiaffetto, il senso di colpa ben testato e rodato; le farfalline girano intorno alla luce e alla fine si bruciano.
non ha un andamento normale il film; bjorn è costretto a seguire le tracce, le mollichine fino all'antro della strega, segue l'amo dentro la tana , mentre patrick riavvolge il filo e lo fa arrivare alla stanza delle collezioni; delle foto dei prima e del dopo; lo fa arrivare alla piscina dove trova quello che non avrebbe mai potuto immaginare come uomo e genitore e poi lo lascia con tutta calma allontanarsi dalla casa e tentare una fuga che oramai è impossibile.
l'ordinary man, con la sua casetta, il suo lavoro noioso, la moglie che decide e la figlia unica è nelle mani del mostro ma il mostro lascia a lui la scelta; lo provoca, lo stuzzica, lo incita vuole vedere se in quel cervello statico e in quel corpo stanco c'è la possibilità che riconosca il pericolo o solamente metta dei paletti per proteggere se stesso e il suo piccolo nucleo.
bjorn, magnificamente interpretato da morten burian, è la vittima sacrificale e il carnefice di se stesso e peggio, anche della propria famiglia. accompagnato da una bellisima musica da tragedia, entra ed esce dagli atti sempre ricadendo nello stesso errore, tant'è che patrick e karin sembrano delle semplice comparse addirittura mute e fuori fuoco.
la moglie sempre dietro lo sostiene con la mano sulla spalla, ma se bjorn permette al macellaio di macellarlo, il macellaio si prenderà tutto quello che è suo mentre lui piange disperato sapendo perfettamente quella che sarà la sua fine.
un finale quasi lirico; lapidati mentre nudi si abbracciano e bjorn chiede scusa; i macellai stancamente sollevano le pietre; bjorn e susan diverranno gli ennesimi nomi senza corpi; fotografie sgranate su carta di giornale e agnes, come in una maledizione da tregedia greca diverrà una triste e sconsolata reiterazione.
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