Regia di Ali Abbasi vedi scheda film
Le strade di Mashhad imperversano di prostitute. Quando alcune di esse iniziano a morire, Rahimi, giovane giornalista, arriva nella capitale e inizia ad investigare aiutata da Sharifi, un reporter locale. Le azioni di questo giustiziere notturno che sembra avere l’intento di ripulire le strade di Mashhad suscitano reazioni contrastanti. Anche quando verrà arrestato Saeed, padre di famiglia e fedele e incallito religioso, la popolazione sosterrà le sue azioni omicide; l’uomo non farà mai pentimento, pienamente convinto che la pena di morte mai lo colpirà.
Ispirandosi a fatti realmente accaduti, Ali Abbasi decide di raccontare la serie di omicidi che sconvolse la città di Mashhad, luogo di pellegrinaggio per lo Sciismo, sconvolto dalla convinzione di una fetta di popolazione che definisce l'assassino “una figura eroica che con le sue azioni aveva apportato dei benefici alla comunità”. Questa irrazionale concezione ha fatto scaturire in lui la necessità di raccontare i fatti accaduti, la gravità degli stessi e, al contempo, la reazione inorridente della popolazione.
Per quanto l'esistenza della prostituzione in Iran è fatto noto e constatato, Abbasi ci tiene a dire che la sua pellicola non è un film “contro il governo iraniano” ma semplicemente il racconto di fatti drammatici e gravi, accaduti in un luogo che dovrebbe essere “preservato” dall’orrore come può esserlo una città sacra.
È proprio questo netto contrasto tra religiosità e violenza che sembra incuriosire il regista che in questo suo lavoro oscuro e crudo riesce a racchiudere tutto il suo sgomento. Le strade notturne di Mashhad sono inquiete e inquietano. Seppur sovraffollate di gente, ci sono anfratti battuti solo dal buio e dal pericolo. L’ansia è palpabile e crescente per tutta la visione. L’angoscia che lo spettatore prova è reale e rende partecipi della narrazione in modo concreto rendendo il film potente e coinvolgente.
Nonostante narri di una violenza inaudita e perpetrata per molto tempo, Saeed Hanaei ha strangolato ben sedici prostitute, la pellicola ha un tono sommesso; la storia ci viene quasi sussurrata, piuttosto che narrata, e la violenza compare solo in rari e necessari casi. Viene tenuta fuori dallo schermo ma è comunque onnipresente e spaventosa.
Holy Spider è un film di rara bellezza. Coraggioso e potente, disturbante ma necessario, capace di raccontare fatti ingiustamente misconosciuti che coinvolgono una comunità senza posizionarsi ne religiosamente ne politicamente ma limitandosi a narrare l’accaduto e i fatti che ne conseguirono. Un thriller di ottima fattura che non è solo un prodotto di intrattenimento ma un vero e proprio documento che oltre a raccontare un gravissimo fatto di cronaca tende anche a “restituire un'immagine della condizione femminile diversa dalla realtà parallela presentata per 50 anni dal cinema iraniano” come ci ha tenuto a precisare lo stesso regista.
Una pellicola in cui sono incappata per caso ma che consiglio vivamente.
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