Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Dopo Fanny Alexander, Bergman dichiarò che quello era e sarebbe rimasto il suo testamento cinematografico. Con il senno di poi, possiamo dire che il regista svedese provò a smettere con il cinema e dopo la prova c'è Dopo la prova, che, anche se girato in un teatro e costruito per la televisione, costituisce il prolungamento della carriera cinematografica del maestro. Dopo la prova è sogno (non a caso il protagonista Henrik Vogler sta mettendo in scena proprio Il sogno di Strindberg), ma anche incubo, autocoscienza dei propri errori e fallimenti e, contemporaneamente, «delirio» di onnipotenza, che si sostanzia nella rivendicazione del ruolo demiurgico del regista teatrale.
Se Fanny e Alexander era la summa del cinema bergmaniano, Dopo la prova ne è i paralipomeni, al tempo stesso il non detto del film precedente e il suo «vent'anni dopo», manifestando il potere che ha in mano chi fa arte (dirige un dramma) e le sue responsabilità, anche nel manipolare le vite degli altri. Talvolta un po' verboso, ma intenso come una seduta di analisi in cui si pratica l'ipnosi, Dopo la prova è un'ennesima prova (altro significato del termine) del valore di un Autore che ha smesso di fare cinema solo quando ha finito di respirare o, forse, viceversa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta