Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
"Chi sei tu?" "Sono la morte". Niente tuoni, niente Beethoven da quinta sinfonia, solo la tetra e agghiacciante secchezza di tre parole, pronunciate come fossero parte dell'ordinarietà quotidiana, come il colpo di falce che non lascia il tempo di soffrire o di capire, prima di capitolare e morire. Queste prime battute del Settimo Sigillo restano memorabili e indimenticabili. Il cavaliere sfida la morte a scacchi per prendersi tempo, per cercare di capire e si interroga su tutto il senso che lui ha dato alla sua vita per Dio, con le crociate e quanto altro ci sta dietro. La bellezza e il fascino irresistibile di questo film di Bergman nascono innanzitutto dall'epoca Medievale che fa da sfondo, poi ci sono le inquietanti riflessioni del cavaliere e le soluzioni che gli si pongono davanti ancora più angoscianti: il nulla, l'inesistenza di Dio, il non trovare ciò che da sempre ha voluto credere esistesse. E la morte, in questa situazione, è solo un freddo sicario, che non dà risposte e non giustifica il senso di una vita che è uno sprofondare nel nulla impietoso e ingiustificabile. Adoro il momento della confessione in cui la morte si beffa della fragilità dell'uomo e adoro ancora di più il culmine del film, quando la strega è sul rogo e l'uomo le chiede come può parlare con Satana, perché il Diavolo è l'unico a questo punto che può spiegare il senso di tutto. Ma la Morte prontamente gli
risponde: smettila di fare domande, tanto nessuno ti risponde. E così la vita dei protagonisti del film e quella dell'uomo in generale è un urlo lasciato cadere, senza un motivo, nel vuoto insonorizzato di una stanza senza porte, senza uscita.
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