Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Ero poco più di un fanciullo quando il mio migliore amico mi parlò in termini entusiastici di questo film. Ho atteso quaranta anni per vederlo, e in tutto questo tempo mi sono creato delle aspettative che ovviamente non potevano essere mantenute. Mi aspettavo una pellicola molto più seriosa, più grave, più intrisa di psicologia e filosofia, o almeno era quello che speravo di trovare. Sono rimasto deluso in particolare dal poco spazio riservato al cavaliere e alla Morte, ed al troppo spazio concesso alla famiglia di attori, al fabbro e a sua moglie. La sceneggiatura conosce momenti sublimi, in particolare la "confessione" del cavaliere alla Morte nella chiesa, ma altri molto meno felici, come il dialogo tra il fabbro e Skat nel bosco, veramente tedioso. La fotografia è ottima in alcuni frangenti, in particolare nei primi piani, ma altrove scialba, confusa ed approssimativa, come nella partenza dal villaggio ed in altri campi lunghi. La musica è solenne, grandiosa ed incisiva nelle parti orchestrali e corali, ma imbarazzante e difficile da digerire nei momenti "folk". La prova del cast è memorabile nelle parti principali, ma opinabile in alcuni personaggi minori e molto discutibile quella delle comparse, anche se immagino più o meno in linea con le prestazioni del tempo (la scena dei flagellanti è molto poco credibile). Non mi interessano invece gli anacronismi che Bergman si è concesso: crociate, peste, flagellanti e caccia alle streghe non potevano essere contemporanei.
Una menzione particolare va ai doppiatori italiani, il film è un'antologia delle voci storiche più affascinanti del panorama nostrano. Una annotazione anche per quanto riguarda la traccia audio, almeno per la copia in mio possesso: si distingue nettamente un canale centrale che contiene l'audio mono originale, e l'aggiunta di effetti sonori (la risacca del mare, il vento, eccetera) di migliore qualità ed ampiezza di frequenza invece in stereo, per creare ambiente, cosa comunque che non disturba affatto.
E' passato qualche giorno ed ho scordato il film che avrei voluto vedere, ed ho pensato a quello che ho visto: il fascino e la suggestione dei temi trattati, le inquadrature, i dialoghi, le interpretazioni fanno passare in secondo piano tutto ciò che non ho condiviso, e la pellicola si conferma per quello che è, un classico con una forza evocativa irresistibile, un capolavoro con picchi altissimi.
Un capolavoro che poteva essere migliore.
1300, Black Death, la peste nera: il cavaliere Antonius Block torna in patria dalle crociate con il proprio scudiero, attanagliato da molti dubbi sull'aldilà e sull'esistenza di Dio, ed appena giunto sulla spiaggia trova la Morte ad aspettarlo. Con questa ingaggia una partita di scacchi, per cercare di guadagnare tempo e compiere un atto che dia senso alla propria vita. Sulla strada per raggiungere il castello e la propria amata, Antonius e lo scudiero incontrano un gruppo di attori con i quali decidono di attraversare la foresta.
Come già accennato, trovo sia molto indovinata e piacevole nelle situazioni drammatiche, molto meno in quelle ironiche.
Basa la pellicola su un dramma da lui stesso scritto nel 1953, Trämålning, "Pittura Su Legno", e lo sviluppa creando alcune delle scene che resteranno nella storia del cinema. Pur non condividendo alcune sue scelte, il risultato è comunque eccezionale.
L'attore ora francese interpreta Antonius Block, il cavaliere che sfida la morte e che ne esce vincitore morale. Sguardo nobile, figura indomita, traccia un personaggio indimenticabile, peccato solo che gli sia concesso poco spazio.
E' lo scudiero Jons, il personaggio che preferisco del lotto, materialista, scaltro, forte, disincantato, fiero, pessimista, ma saggio, equilibrato e non meno nobile del cavaliere che serve, di cui rappresenta quasi la versione meno spirituale. Ottima interpretazione.
Interpreta la Morte, e beffardamente, tra gli attori principali, è stato colui che l'ha incontrata per primo, nel 1971. Perfetto per la parte, la sua prova appartiene agli annali.
Ebbe una relazione con Bergman dal 1955 al 1959, per la serie "tutto il mondo è paese", ma almeno fornisce una prova convincente, interpretando la moglie di Jof, il saltimbanco, e per estensione la figura della Madonna all'interno dell'allegorica Sacra Famiglia.
Nato attore drammatico, si trasformò ben presto in comico, e la sua chiamata per interpretare questo film destò un certo stupore in Svezia. Interpreta Jof, l'attore che ha le visioni e che riesce a sfuggire alla peste con l'intera famiglia. Pur riconoscendone le notevoli doti professionali, non posso dire di amare il suo personaggio, che percepisco come il punctum dolens del film.
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