Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Il settimo sigillo è un assoluto capolavoro di immortale fascino ed indiscutibile bellezza, esteticamente perfetto e logicamente infallibile. E ancora non basta. La partita a scacchi concreta di Blok contro la Morte è affiancata a quella metaforica che sta combattendo l'intera umanità attorno a lui; che l'esito sia una sconfitta è inevitabile, ma per lo meno il cavaliere prova a mettere in gioco tutte le sue capacità per rimandare al più tardi possibile il finale della partita. E' la storia di un credente in profonda crisi - e come sempre Bergman è autobiografico fino al midollo, sia pure rivestendo abilmente di simboli, metafore, allegorie i suoi lavori - ed assistiamo così parallelamente alla battaglia tutta cerebrale contro la possibilità così tremendamente reale (in assenza di segni che la smentiscano) di un mondo senza dio, senza speranza, senza significato. Quando il lavoro di un artista si preoccupa di indagare fra le più remote pieghe dell'animo umano e di affondare la ricerca nelle paure più ancestrali, radicate, irrisolvibili dell'uomo, oltre ad andare incontro ad un quasi certo disastro, rischia seriamente di deragliare, andare fuori tema, divagare attorno all'obiettivo; onore al(l'immenso) merito, qui il Maestro colpisce il bersaglio senza esitazione alcuna e va direttamente al cuore della questione. L'ambientazione medievale non tragga in inganno: con facilità è tutto traslabile ai giorni nostri, in cui prosperano una nuova pestilenza ed una nuova serie di pastoie religiose. Di scene fondamentali ce ne sono persino troppe: Blok che cerca il diavolo negli occhi della 'strega' e vi trova, piuttosto, solo sofferenza e disperazione; lo scudiero che definisce l'amore la più perfetta delle imperfezioni in un mondo imperfetto; tutte le apparizioni della Morte - figura evocativa e mai preda del facile didascalismo -, gelida catalizzatrice di attenzioni, di fobie e dubbi, di terrore (dei protagonisti come del pubblico). E come sempre Bergman sa esporre le proprie - ed umane - angosce, oltre che per immagini (straordinario il gioco di luci, fotografia di Gunnar Fischer), con una forma verbale superlativa, che genera una narrazione ed un complesso di dialoghi disarmanti ed efficaci (vale la pena di ricordare che Il settimo sigillo è tratto dall'opera teatrale Pittura su legno, dello stesso regista). Magistrali in particolare Von Sydow e Bjornstrand, ovvero il cavaliere e lo scudiero. "Nell'oscurità in cui dite che siamo avvolti, e probabilmente è proprio così, non c'è nessuno che ascolti i vostri lamenti o lenisca le vostre sofferenze. Asciugate le lacrime e specchiatevi nella vostra indifferenza". Davvero qualcuno (sano di mente) avrebbe la presunzione di opporsi?
Dopo dieci anni in Terra Santa a combattere per una fede sempre più vacillante, il cavaliere Antonius Blok ritorna a casa con il fido e saggio scudiero. Lo attende un'epidemia pestilenziale che non lascia scampo, incontra dei preti che massacrano un'innocente accusandola di essere una strega, fa un pezzo di strada insieme a due allegri attori girovaghi e infine affronta la Morte: in una partita a scacchi. Per quanto bravo, Blok dovrà soccombere.
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