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Il settimo sigillo

Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film

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Thrombeldimbar

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La recensione su Il settimo sigillo

di Thrombeldimbar
4 stelle

Antonius Block, cavaliere crociato sulla via del ritorno verso terra natia soffre costantemente di una crisi esistenziale. Il tormento più frequente dello sciagurato è il dubbio dell'esistenza di Dio, non avendo mai avuto in alcun modo prova di riscontro della presenza del ‘divino’. Con lui lo scudiero un po' sarcastico Jöns, che lo accompagnerà fino all'epilogo del triste destino. Un giorno in riva al mare gli si presenta la morte in persona e così i due stipulano un accordo, una partita a scacchi. Se Antonius riuscisse nell'impresa impossibile di battere la morte forse avrà salva la vita. Ma il cavaliere chiede di più, la conferma dell'esistenza di Dio da parte della morte la quale però non si mostrerà affatto esaustiva sull'argomento.. Nel viaggio verso il "nobile" maniero farà la conoscenza di disperatissimi personaggi: una combriccola di artisti di strada formata dal cantastorie giocoliere Jof e sua moglie Mia ("gran bel pezzo di Ubalda"), con a capo il direttore artistico Skat. Il pittore macabro Albertus, degli appestati flagellanti alla spasmodica ricerca della grazia di Dio e della morte liberatoria.. Una strega di nome Witch alla berlina perchè praticante del maligno, in questo specifico caso proprio di sua maestà il diavolo, gentaglia d'osteria, Monk il predicatore mongoloide, Ravel "il persuasore" turpe e ladro. La ragazza muta, lo zarro fabbro Plog e sua moglie sgualdrina Lisa. Infine Karin, la ritrovata fedele compagna non molto amata da Antonius.. Gran parte dei protagonisti muoriranno, tutti dobbiamo morire.. Ma se c'è una casa che avrei voluto chiedere al disgraziato protagonista è questa: perchè mai Dio, creatore dell'universo, del tutto, debba in ogni modo avere una controparte opposta e malefica? Io, miscredente di qualunque religione inventata dall'uomo non riesco proprio a capire.. 

 

Interpreti principali: Max von Sydow, Gunnar Björnstrand, Bengt Ekerot, Nils Poppe, Bibi Andersson, Erik Strand ark, Gunnar Olsson, Maud Hansson, Anders Ek, Bertil Anderberg, Gunnel Lindblom, Äke Fridell, Inga Gill e Inga Landgré. 

 

Ligio punto di vista di un dotto professore filosofo retribuito: - Un fenomeno come l'arte cinematografica di Bergman, come gli altri fenomeni della cultura, deve essere inteso all'interno di un contesto.

La cinematografia di Bergman è impensabile al difuori del modo in cui si è costituita la cultura del nostro tempo, e quindi a mio avviso, se non si capisce dove stiamo dal punto di vista culturale, da dove veniamo, non possiamo neanche capire il senso del film, dei film di Bergman, (io che ribatto: non sono molto d'accordo egregio professore. È ovvio che il fenomeno dell'arte cinematografica debba essere inserito in uno specifico contesto. Se mi guardo un film "marziano" ma non so nulla dei marziani difficilmente capirei il significato. Il problema è che questo film spiega ben poco delle interessanti riflessioni che lei sta analizzando. Il significato qui è abbozzato. Se in questo stesso istante decidessi di abbandonare questa cultura, la nostra cultura per quanto mi riguarda solo un po' "intuita" o, la stessa cultura che io ritengo capire quel minimo bastante per apprendere il senso del film. Ritirandomi in mezzo al bosco provvisto però di lettore dvd, un portatile e di una forma molto limitata di energia elettrica che mi permetta la visione. Resterei della mia solita convinzione: in questo film c'è da capire ben poco e ad oggi risulta essere invecchiato piuttosto maluccio). 

Ebbene potremo dire così, molto sinteticamente, usando una espressione di Nietzsche che il nostro è il tempo della morte di Dio.

Morte di Dio o anche silenzio di Dio, ed è in questo prospettiva che Bergman si iscrive.. E si iscrive naturalmente come si può iscrivere un artista.

Perchè la morte di Dio non è l'opinione di qualche filosofo strano, come appunto si può pensare che sia stato Nietzsche, o l'opinione di un letterato come si può pensare che sia stato Leopardi.

La morte di Dio è un processo inevitabile che non consiste semplicemente nel fatto che la gente non crede più in Dio. 

Ma consiste nella capacità dell'essenza della filosofia contemporanea di distruggere il passato dell'occidente, e cioè quel passato dove l'angoscia dell'esistenza è superata con l'evocazione di un rimedio che è appunto il Dio ma non evocato all'interno di un sapere mitico..

Ma è il Dio evocato all'interno di quella forma di sapere che i greci per primi hanno portato alla luce e che i greci hanno chiamato episteme, cioè la stessa radice di episteme, cioè la radice sta', indica un sapere stabile che non può essere smentito, (studiando non metaforicamente il suo parlato professore, io affermo che è impossibile sapere con certezza se oggi viviamo o no in un tempo senza Dio, se poi non sappiamo neanche con certezza della sua effettiva esistenza, ed è particolarmente stupido spremersi le meningi affidandosi al credo religioso. La scienza in tal caso non deve prendere una posizione atea, anche se l'intelletto umano molto probabilmente è limitato.. Ma neanche affidarsi alle religioni per formule teorie concrete. La scienza, come sicuramente la forma di sapere "episteme", sono teorie decisamente più interessanti da prendere in considerazione. La gente, non tutta ovviamente, e c'è da considerare il fatto del contesto e della cultura radicata in quei paesi dove vive, semplicemente ha smesso di credere in Dio per causa del progresso tecnologico.

Se poi la filosofia contemporanea sia capace di distruggere il passato dell'occidente. Boh, non sono molto ferrato sull'argomento, ma non capisco come tutte queste "affascinanti" riflessioni possono in ogni modo aiutarmi ad apprezzare di più tale opera.). 

Ebbene nel "Settimo Sigillo" uno dei tratti rilevanti del discorso del cavaliere è appunto l'esigenza di arrivare a Dio ma non semplicemente verso la fede. 

Bensì attraverso la conoscenza, attraverso quella forma che, certamente un artista vede più congeniale a i propri stilemi, e che nel linguaggio del cavaliere Block chiamata "toccamento", il toccare Dio. 

Se ben ricordo ad un certo momento il cavaliere dice: - ..a me non basta la fede in Dio ma voglio toccarlo.. - 

Ecco se prendiamo alla lettera il senso del "toccare", allora è impossibile toccare Dio perchè Dio non è un fatto che si possa toccare, Dio così inteso dalla cultura occidentale è una necessità è quindi la necessità non si tocca.. (mi sbaglierò, anche perchè conosco ben poco Bergman e la sua arte, ma in questo film il regista non sembra interessato alla conoscenza, ma al contrario alla fede, anche se non riconosciuta e premiata da Dio..). 

Però credo che Bergman volesse alludere a quella esigenza, che è propria della tradizione occidentale di arrivare a Dio attraverso un sapere incontrovertibile, incontestabile, e che però è destinato al fallimento, (il concetto più valido e interessante di tutto il suo discorso professore! Peccato che io non abbia percepito alcuna allusione e sono convinto del fatto che non sia un mio problema. Questo film "simbolico" pecca di concretezza anche considerando il fatto dell'ambintazione medievale). 

Ecco quando ho esordito dicendo: non si può capire un film come quello, o la produzione cinematografica come quella di Bergman senza capire il processo che ha condotto alla morte di Dio. 

Intendevo dire che assistendo al film "il Settimo Sigillo" si tocca in senso non metaforico con mano il fallimento della tradizione occidentale, cioè il fallimento di una conoscenza incontrovertibile di Dio e il bisogno o la nostalgia da parte di Bergman di quel Dio che si è allontanato e che a differenza di quello che pensava pinco pallino (ho dovuto risolvere così..) ad esempio non può più ritornare. 

 Allora da questo punto di vista Bergman è in una posizione oscillante, perchè consapevole che gli Dei se ne sono andati definitivamente a differenza, ripete, di quanto pinco pallino pensava. 

Oscilla fra questa convinzione, che è poi la convinzione del nostro grande Leopardi. 

Sarebbe interessante sapere fino a che punto Bergman ha conosciuto Leopardi.. 

Oscilla fra questa convinzione e invece quella più positiva che magari si ripresenta nel "Posto delle Fragole" dove la convinzione che invece gli Dei in qualche modo possono ritornare e allora li si può in qualche modo attendere, (con questo mio controbattere professore non dichiaro affatto che la sua sia una presa di posizione assoluta che imponga il "capolavoro", ma il commento al riguardo appare tal volta superfluo).

 

Mio modesto parere? I bei film sono tutt'altra cosa. 

 

3-4/10

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