Regia di Angus MacLane vedi scheda film
Pensavo peggio, non è male, alla fine una visione non è tempo sprecato.
Buzz Lightyear era tra i personaggi della saga di Toy Story della Pixar: qua si sono immaginati come fosse il “vero” Buzz, quello da cui derivò poi il giocattolo. Pensavo peggio. Mi ero fatto l’idea che il film fosse il trionfo dell’attuale politically correct, e inoltre erano chiare le bocciature di questo film da parte di critica e pubblico (o quasi). E invece a un 6 ci arriva. Si segue volentieri, è pure bella l’idea di Buzz che cerca di sistemare le cose e ad ogni missione di qualche minuto, nello spazio, a velocità prossime a quelle della luce, atterra poi in un mondo dove intanto sono passati anni. C’è qualche momento pesantino, qualche concessione al “se ci credi ce la fai”, di troppo, certamente; c’è insomma qualche scena in cui dici “che cagata” o “a cagare”, ma nel mare magno insomma ci stanno, è pure sempre un’americanata. In Italia salì al secondo posto delle classifiche settimanali; in generale però è stato una catastrofe al botteghino, anche per gli enormi costi nella fattura del cartone animato. Il fatto che la ranger collega di Buzz fosse lesbica (tutta la questione occuperà, boh, due tre minuti del film) ha fatto sì che il film venisse bannato nelle zone più troglodite del pianeta (i.e. socialmente arretrate, ma cavernicole rende meglio), dunque niente film in Paesi avanzatissimi come l’Egitto, la Palestina, l’Arabia Saudita, la Giordania, la Tunisia, e altri, il Marocco invece ha detto “col cazzo” e l’ha fatto vedere nel Paese.
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