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Serenata d'amore

Regia di Franco Lattanzi vedi scheda film

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La recensione su Serenata d'amore

di moonlightrosso
1 stelle

Protomusicarello che coniuga fiction e promozione turistica

Nonostante la maggior parte delle pochissime fonti riguardanti questo film collochi la sua datazione al 1965, si ritiene con assoluta certezza che il girato risalga ad almeno dieci anni prima, come del resto alcune voci minoritarie riportano e come dimostrano in maniera piuttosto evidente automobili, acconciature e abbigliamento in esso presenti.

Pareva infatti assai singolare come in un'epoca dominata dalla "Beatlesmania" e dai gusti musicali in repentino cambiamento ci fossero stati produttori talmente dissennati da investire i propri denari su uno "chansonnier d'antan" del calibro di Emilio Pericoli, ormai latore di un genere e di un aplomb decisamente superati, per non dire vecchi come il cucco.

L'anno 1965, riportato da dette fonti, farebbe dunque supporre, ad avviso di chi scrive, che la pellicola, rimasta inizialmente inedita, abbia forse trovato, un paio di lustri più tardi e ampiamente fuori tempo massimo, una fugace distribuzione in una qualche località rurale o periferica, con incassi, si presume, assai vicini allo zero assoluto.

La vicenda ci narra di una compagnia di rivista con relativa orchestra itinerante che si reca a Fiuggi per alcune serate nel locale Grand'Hotel "Palazzo delle Terme", di proprietà del miliardario Burrani. Durante il tragitto sul treno, Benny Rizzo, primo ballerino della compagnia, interpretato dal tal Nando Checchi, trova modo d'attaccar bottone con la procace Nadia (una non meglio identificabile Giulietta Mangano, che pare non abbia niente a che fare con la più famosa Silvana), nipote del Burrani e nota ballerina di rivista che ama celarsi in tale veste dietro lo pseudonimo esoticheggiante di Bia Montès (sic!). La ragazza, per divertirsi un po' alle spalle dei maschi della compagnia, decide comunque di rimanere nell'anonimato come una qualsiasi turista. Sul treno viaggia anche Manlio Rossi (giustappunto impersonato dal Pericoli), un giovane cantante ingaggiato dal Burrani per allietare le serate degli ospiti con stucchevoli canzuncelle a base di "cuor", "amor", "mio ben", "ti sposerò" e altre delizie similari. Questi, pur rimanendo totalmente silente per tutto il viaggio, viene letteralmente folgorato dalla bellezza di Nadia la quale invece gli ridacchia alle spalle apostrofandolo con l'epiteto di "faccia da scemo", inaugurando così e nel migliore dei modi, lo spirito trash della pellicola.

Senza ulteriormente proseguire su un plot di disarmante ingenuità, il film va classificato come una sorta di "protomusicarello" che vorrebbe maldestramente coniugare la funzione narrativa e musicale con quella di promozione dell'azienda turistica di Fiuggi, del suo Grand Hotel e delle sue terme; tentativo decisamente non riuscito in quanto il film, come avrete potuto facilmente intuire, non lo ha visto praticamente nessuno.

Nonostante sia stato girato con costosa pellicola "Ferraniacolor", i finanziatori si sono dunque trovati loro malgrado di fronte a un prodotto decisamente impresentabile a causa, soprattutto, di una regia a dir poco insipiente dell'illustre sconosciuto Franco Lattanzi (futuro autore di western laziali, nonchè del capolavoro trash "La tigre venuta dal fiume Kwai"), totalmente incapace di dirigere un panorama attoriale di carneadi, destinati in massima parte a rimanere tali. A poco è valsa la presenza del Pericoli, non ancora assurto alla piena notorietà e che nonostante l'ottimo doppiaggio di Enrico Maria Salerno, evidenzia limiti attoriali ed espressivi che sarebbe un eufemismo definire imbarazzanti.

Una recita da prima elementare caratterizzata da una generale e generalizzata goffaggine, ma che se vista a distanza di quasi settant'anni è stata in grado di raggiungere e costituire, almeno per noi adoratori del brutto, un'occasione imperdibile per sublimarsi davanti a situazioni deliziosamente esilaranti nella loro cristallina e squisita involontarietà.

Basti pensare al finto annegamento del Pericoli in piscina per attirare le attenzioni della Mangano intenta a civettare con il fisicato ballerino Rizzo, il quale eseguirà, con disappunto del Pericoli, che ovviamente auspicava un intervento della Mangano, una respirazione artificiale talmente penosa che un vero annegato sarebbe morto dodici volte di fila. Da farci letteralmente sobbalzare dalla sedia il barista dell'albergo che si rivolge alla Mangano e a un'altra fanciulla con gli appellativi di "pupa" e "bambola", il tutto seguito da una sputazzata di chinotto da parte di detto cameriere sulla faccia di un isterico cliente, la cui ira viene subito placata dalla visuale del posteriore di due belle figliuole in costume da bagno (primi vagiti di una commedia pecoreccia ancora di là da venire). Ciò senza tralasciare il ballerino Gino (nome più sfigato non si poteva trovare), promesso sposo di Nadia e colto in flagrante adulterio con l'oca giuliva di turno, il quale proverà a riabilitarsi agli occhi della la danarosa fidanzata e soprattutto del di lei zio, chiedendo a quest'ultimo cosa pensa di lui!!! In luogo di una meritata scurrile risposta riceverà un formale invito a inventare una scusa per lasciare l'albergo (roba da sbellicarsi dalle risate!!).

Che dire poi dei legnosi numeri di ballo della Mangano e del Checchi (Nadia e Rizzo), abituati evidentemente a muoversi nei palcoscenici di risicate dimensioni degli scalcinati cinema-teatri di periferia; dei membri della compagnìa che si trastullano in piscina passandosi un tristissimo pallone da spiaggia come dei poveri cristi; del barbuto autore di canzoni dal ridicolo accento francofono che si porta dietro la nonna novantenne perchè sa suonare la chitarra elettrica (vedere per credere!). Da stratosfera del trash lo stratagemma escogitato dal Pericoli per conquistare la Mangano quando decide di accompagnarla in automobile spacciandosi per detto autore di canzoni e camuffato con tanto di barbacchiona finta!! Fermatosi su un'altura per svelare la sua vera identità, il nostro chansonnier si lascerà andare a deliranti considerazioni bucoliche, contrappuntate da interventi di rara idiozia da parte della Mangano, nonchè ad altrettanto deliranti rimembranze di un'epoca infantile in cui i contadini, secondo lui, anzichè usare la trebbiatrice, erano soliti estirpare l'erba con le mani, intonando canti agresti!! (Segni evidenti di una mente disturbata!). Un tentato bacio del nostro alla Mangano, gli provocherà una ceffa sulla faccia da parte di quest'ultima, che gli ricorderà, tra il serio e il facéto, di comportarsi come un bravo ragazzo, così come del resto aveva avuto modo di autodefinirsi. Il vero bacio sarà scambiato dai due piccioncini nella cornice scenografica pacchiana e posticcia di un varietà musicale, a conclusione dell'ennesimo insopportabile motivetto intonato dal Pericoli.

Forte di questo clamoroso insuccesso, il Lattanzi tenterà nuovamente di coniugare fiction e promozione turistica (questa volta con la città di Senigallia), girando nel 1977 quello che risulterà essere il suo ultimo lavoro dal titolo "Il nostro agente Navarro", ultrapoveristico poliziottesco ricercatissimo da noi adoratori del brutto, nonchè estimatori di questo misterioso quanto curioso cineasta e che sfortunatamente (o fortunatamente mettetela come vi pare) sino a ora nessuno ha visto.

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