Regia di Marino Girolami vedi scheda film
La mafia porcellona: chi l'avrebbe mai potuto immaginare? Esiste un risvolto maialone anche per Cosa nostra, e serviva proprio Marino Girolami (che qui si camuffa con lo pseudonimo di Franco Martinelli) per sviscerarlo. Così tante tette - e così tanto grosse e morbide e burrose e gloriose e invoglianti e rotondeggianti e... eccetera - non si vedono nemmeno in un film della serie delle Dottoresse, delle Liceali o delle Ripetenti: un vero tripudio di mammelle e più in generale di corpi femminili costantemente intenti nella fornicazione. A parte ciò - ed è difficile considerare la pellicola prescindendone - quella de Lo sgarbo vorrebbe essere una rilettura in chiave 'proto-poliziottesca' del Padrino, una sorta di prosieguo delle avventure dei Corleone virata però al ritmo, all'azione, al sesso. Inutile dire che le intenzioni sono molto lontane dal risultato; rimane, di affine al Padrino, solo la musichetta (chiamarla colonna sonora è eccessivo) che ricalca pesantemente il celeberrimo tema di Fortunella scritto da Nino Rota (qui la colonna sonora è di Vasili Kojucharov) e, a quanto pare, la partecipazione, in veste di attori, di due doppiatori della versione italiana del film di Coppola: Guido Celano ed Arturo Dominici. Insomma: una parentela di trecentesimo grado. Scritto dagli autori di serie B Luigi Russo ed Antonio Margheriti, Lo sgarbo è un prodottuccio misero, non orribile, ma che semplicemente non riesce ad andare oltre alla mediocrità con cui è stato realizzato. 3/10.
Picciotto della mafia italoamericana combina guai e viene spedito per punizione in Sicilia; qui, invece che prestare servizio ad un boss in carrozella, ne concupisce la donna. Evita il linciaggio fuggendo a Londra, ma Cosa nostra è sulle sue tracce...
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