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¡Patakín! quiere decir ¡fábula!

Regia di Manuel Octavio Gómez vedi scheda film

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La recensione su ¡Patakín! quiere decir ¡fábula!

di alan smithee
7 stelle

locandina

¡Patakín! quiere decir ¡fábula! (1985): locandina

16° FESTA DEL CINEMA DI ROMA - I FILM DELLA NOSTRA VITA

 "Qui ai Tropici si può essere tutto tranne che pesanti".

Shangò è il classico uomo latino che, approfittando del bell'aspetto che una madre natura benevola ed ispirata gli ha voluto donare, trascorre la sua vita impegnato a bighellonare e a fare il cascamorto con le belle ragazze che cadono letteralmente ai suoi piedi.

Tanto a casa c'è quella santa ed inutilmente dispotica di Candelaria che pensa a sistemare tutto: è infatti lei, casalinga stressata ed ingolfata da troppe mansioni domestiche, a sgobbare dal mattino alla sera, mentre lui, bellone nullafacente e pavone impenitente e seduttore, se ne va in giro in costume ostentando rigonfiamenti inguinali da esubero di virilità che fanno impazzire le donne di ogni età e ceto sociale.

Almeno sino a quando lo stolto Shangò si trova ad importunare la bella donna del contadino Onggùn, che subito lo accoglie da amico, poi lo sfida in un duello da galli da scommessa, in un finale alla Rocky con la morte che fa da mediatore del match. Patakin! (Quiere decir fabula!) del regista sconosciuto Manuel Octavio Gómez, è uno spumeggiante musical sulla tradizione cubana che ne n perde occasione per trovare ogni volta il giusto spunto per festeggiare e fare baldoria.

In questo contesto allegro e colorato, anche un funerale diventa occasione per esultare, come quando il nostro bullo si trova davanti niente meno che alla vedova che ha seppellito ben quattro mariti, alias Ruperta la Caimana, detta anche "il fuoco dell'Avana".

Personaggio strepitoso pure lei, che ridere.... utile e perfetto a rappresentare i panni, inediti per una donna ispanica, di una femmina che trova l'orgoglio e il coraggio per non sottomettersi, ma anzi affrontare con piglio energico e combattivo l'inedia e la tracotanza maschile, finendo per conquistare e invertire i ruoli.

Arrivando al punto di inibire il macho tracotante, e pagando lo scotto di dover ballare il fandango per sei giorni e sei notti come estrema volontà del marito defunto, nei confronti del quale si dimostra peraltro tutt'altro che affranta. Poi c'è anche il siparietto western che porta la storia sino ai dintorni del gangster movie.

Ecco allora che Patakin! si rivela, oltre che una deliziosa irresistibile chicca tutta da riscoprire, anche e soprattutto un musical povero ma ugualmente sfavillante e sguaiato quanto basta da meritarsi tutta l'indulgenza e la simpatia del caso, oltre che ad ambire a divenire un cult di genere lgbt, peperino e malizioso tra erotismo, pacchi in bella vista e balletto en travestì.

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