Regia di Sergio Corbucci vedi scheda film
Quattro episodi, flebilmente legati al filo delle credenze astrologiche, si dipanano sciorinando il meglio del parco attori italiani e contribuendo a formare quelle maschere che li renderanno grandi in futuro.
1975. L’Italia è orfana della commedia all’italiana. Ma attende anche i suoi mattatori degli anni ‘80 Troisi, Verdone, Benigni, Nuti. L’alternativa al pecoreccio di Banfi e Montagnani, Fenech e Guida, e soprattutto la necessità di produrre qualcosa di sensato suggerisce a Sergio Corbucci questo “Di che segno sei?”. Un film che fin all’apparenza si presenta con poche idee, visto lo schema ad episodi, il ricorso ad attori che reiterano le loro maschere (Sordi addirittura riesuma, non senza qualche punta di vergogna, quel Nando Moriconi di “Un giorno in pretura” e “Un americano a Roma” creato 20 anni prima), una scrittura che si avvicina allo schema barzellettistico del “cinema delle seghe mentali” che esploderà con Vitali e compagnia.
Eppure Corbucci anticipa dei trend che saranno forti nel cinema del decennio successivo: il Paolo Villaggio del primo episodio anticipa alcune atmosfere del suo “Fantozzi” (che si finirà di girare qualche mese dopo) e soprattutto la critica sociale de “Il… Belpaese”, pur rimanendo imbrigliato in una storia puerile fatta di un grosso equivoco; nel secondo la Melato si ricopre nuovamente di “Polvere di stelle”, trascinando in pista un Celentano che per l’occasione è più molleggiato che canterino; nel terzo, Pozzetto raccoglie la summa delle espressioni che lo renderanno famoso e attraversa, in bici, la stessa Padania di molti suoi titoli successivi; della gag di Sordi, gorilla in moto per guardare pedestremente le spalle a Ugo Bologna va aggiunto solo che qualcosa de “Il vigile” pare esserci.
Perciò rivederlo ad anni di distanza comporta non pochi dejà vu. Molti dei quali però sono invidiabili preconizzazioni e non smaccati plagi.
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