Regia di Carla Simón vedi scheda film
Ad Alcarràs, in Spagna, Qumet (Pujol) guida con dispotismo la sua famiglia nella raccolta delle pesche. Ma i costi di produzione sono troppo elevati e lo spettro che quei terreni, che gli sono stati concessi in usufrutto dal padre dell'attuale proprietario con cui Qumet ha un contenzioso legale, rischiano di essere trasformati in un campo per i pannelli solari. Come se non bastasse, a devastare il terreno ci si mettono anche dei conigli selvatici.
La regista catalana Carla Simón porta a casa l'Orso d'oro del festival di Berlino con un film girato quasi in tempo reale, una macchina da guerra pensata contro la resistenza neuronale dello spettatore (chissà quante nevrosi riuscirà a scatenare la scena in cui una bambina suona ossessivamente il flauto, producendo note e caso) e la sua capacità di veglia. In controluce ci si potrebbe anche leggere, con grande bonomia di giudizio e molto beneficio d'inventario, un apologo a sfondo bucolico sulle contraddizioni della postmodernità (natura contro l'energia pulita del fotovoltaico). Ma è tutto così stiracchiato, approssimativo, gratuito (qual è il senso della sottotrama che vede il figlio del protagonista coltivare una piccola piantagione di marijuana?), piatto tanto nella messa in scena, quanto nella regia e nella recitazione (gli attori sono tutti non professionisti) che viene il sospetto che i festival cinematografici siano più truccati dei concorsi universitari.
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