Regia di Giulio Questi vedi scheda film
Non è affatto poco il valore di una sceneggiatura così fitta di avvenimenti e pregna di spunti di riflessione come questa di La morte ha fatto l'uovo, scritta dal regista e dall'amico Franco Arcalli (autore anche per Bernardo Bertolucci, ma più noto come montatore, mansione nella quale ha lavorato con svariati nomi del nostro cinema, dalla A di Antonioni alla Z di Zurlini): il nodo principale della questione, e meglio si intuisce a distanza di decadi dall'uscita del film, sta nella ricerca di una dimensione tutta italiana del contemporaneo fenomeno della contestazione (il '68, in pratica). Se Bellocchio aveva mirabilmente anticipato tutti con il suo straordinario esordio (I pugni in tasca, 1965), ecco che piano piano sono tanti i cineasti che si affacciano sul tema, affrontandolo dal punto di vista italiano per eccellenza, ovvero quello della famiglia (non meno illuminante sarà il coevo Grazie zia di Salvatore Samperi, per es.). Ne La morte ha fatto l'uovo, questo uovo non è chiaramente solo quello di gallina, animale al centro della storia, ma più in generale è inteso come una generazione malata, una de-generazione disumana per cui nella contemporaneità perdono interesse valori e affetti che sembrano in apparenza intoccabili come appunto quelli famigliari, ma non solo: si parla anche di mancanza etica nel lavoro, di deviazioni sessuali, c'è un accenno al feticismo delle merci e soprattutto si tratteggia un esasperato individualismo che mette fondamentalmente tutti contro tutti. La trama è fin troppo complicata e Questi, che non è certo uno sprovveduto (per quanto avesse diretto pochi cortometraggi e un solo lungometraggio fino a quel momento, era da lungo tempo introdotto nell'ambiente cinematografico), riesce a conferire una linearità - pur talvolta traballante - alla storia; il suo lavoro è aiutato dalla fotografia di Dario Di Palma, mentre ciò che invece impressiona in negativo è il montaggio (Franco Arcalli, ovviamente) spesso godardianamente soggettivo, a rispecchiare stati d'animo e pensieri dei personaggi in scena (creando però soltanto confusione). Idem si può dire della pretenziosa colonna sonora a base di archi e chitarre classiche non sempre suonati (talvolta percossi) scritta da Bruno Maderna, eccellente compositore - affine a Stockhausen - non tanto fuori luogo qui, ma semplicemente sprecato. Ben scelto infine il cast, con la giovane Ewa Aulin (appena 18enne) a inserirsi senza sfigurare fra due interpreti di ottimo, e qui confermato, valore come Jean-Louis Trintignant e Gina Lollobrigida (che peraltro sfoggia in costume un fisico da pin up decisamente invidiabile per aver passato i quaranta). Qualche semplificazione in fase di scrittura e un montaggio e una colonna sonora meno 'artistici' avrebbero giovato alla pellicola. 5,5/10.
La bella nipotina viene in visita presso la zia, proprietaria di un'azienda produttrice di uova in cui si compiono esperimenti biologici proibiti. Presto seduce sia il marito della zia che il pubblicitario della ditta; il primo dei due uomini coltiva strane perversioni, ma il suo sogno principale è quello di eliminare la moglie. Finale a sorpresa.
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