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La calda amante

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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La recensione su La calda amante

di sasso67
4 stelle

Secondo me Truffaut è stato (è) uno dei più grandi registi della storia: nella mia ipotetica top ten ci sarebbe. "I quattrocento colpi" è uno dei film più sinceri e più belli mai realizzati, con un finale davvero da brividi, ma Truffaut amava le sue storie e i suoi personaggi, dai perdenti di "Tirate sul pianista" alle sue vedove nere ("La sposa in nero") ai ragazzi selvaggi ("Il ragazzo selvaggio"), passando per il pompiere Montag ("Fahrenheit 451"), la sirena del Mississippi ("La mia droga si chiama Julie") e il Claude Roc che amò due sorelle d'oltre manica ("Le due inglesi"). "La calda amante" non mi è piaciuto per niente. C'è poco del Truffaut visto nei primi due film ("I quattrocento colpi" e "Il pianista"), c'è una freddezza nei riguardi dei suoi personaggi che non si ritrova in altri film del regista parigino, una freddezza sottolineata dalla figura anòdina del protagonista (interpretato da un insignificante Desailly) nonché dalla presenza algida della Dorléac. A proposito di quest'ultima, va poi annotato come sia inopportuno il titolo italiano che traduce l'originale La peau douce, letteralmente "la pelle dolce". L'amante del titolo, infatti, una hostess di cui s'innamora il tranquillo studioso Pierre, sposato con una donna d'origine italiana, è tutt'altro che una donna calda, e non a caso la interpreta la compianta sorella di Catherine Deneuve, la quale, come la più famosa sorella, era una bellezza enigmatica, diafana, tutt'altro che calda, come dimostra anche il personaggio che interpreta nel film. La storia d'amore con Pierre le scivola addosso senza coinvolgerla più di tanto, e quando lui, che ha già chiesto il divorzio dalla moglie, le chiede di sposarlo, lo lascia. Il titolo del film avrebbe dovuto essere semmai "la calda moglie", tanto è vero che Franca, sentitasi umiliata dal ritrovamento delle fotografie del marito con la hostess, lo raggiunge in un ristorante e lo fulmina con una fucilata. Ovviamente il problema del titolo italiano non è una colpa da imputare a Truffaut, ma l'ambiguità dell'intera operazione sta proprio nella scelta della storia - una prosaica avventura extraconiugale con conseguenze tragiche inimmaginabili - e dei personaggi: una scelta semplicemente sbagliata, tanto che l'unico personaggio degno di nota in questo film è proprio la moglie (Nelly Benedetti, secondo me molto più bella della presunta "calda" amante) del protagonista, purtroppo confinata in un personaggio secondario. Se l'ambiguità è volutamente il senso di questo film, be', complimenti a Truffaut (ma viene da pensare ad un altro film sempre con la Dorléac, "Cul de sac", 1966, di Roman Polanski, nel quale l'attrice meglio s'intona all'assurda ambiguità dell'insieme), che analizza con il bisturi del chirurgo un triangolo amoroso che, comunque, era stato trattato con ben altri risultati in "Jules e Jim" (1961). Trattandosi comunque di cinema, da Truffaut ci si sarebbe aspettati un film più partecipe, affettuoso, spettacolare, e il mai troppo rimpianto regista francese aveva, e avrebbe, dimostrato di saper fare di meglio.

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