Regia di Robert Altman vedi scheda film
L'america di Altman esplode in tanti piccoli frammenti. Pezzi di un grande paese di una umanità cinica e disperata. Il minimalismo narrativo del regista di Kansas City finisce per diventare uno dei ritratti più spietati e impietosi di una nazione con due secoli di storia alle spalle. Con Nashville il nostro anticipa moltà della serialità televisiva che non esiterà a descrivere i difetti degli americani senza sconti e correttezze politiche. Il capolavoro altmaniano è la rappresentazione plastica che tutto è spettacolo che non ci si deve fermare di fronte a nulla. Nel decennio precedente gli spari cambiavano la storia, oggi al massimo possono creare imbarazzo in uno show. L'america è diventato il regno dei bigotti, dei cinici, dei cretini, dove i mediocri possono avere successo. Alcuni capace di sfruttare, altri non troppo dispiaciuti di farsi sfruttare. Tutta gente che ha perso la propria dignità o che è pronta a perderla per i famosi quindici minuti. Non c'è scampo siamo tutti colpevoli della nostra mediocrità, i sentimenti puri restano agli anziani o rimangono nelle canzoni, capaci di intramezzare la cattiveria di un popolo senza speranza. L'esplosione della narrazione è la perdita di ogni morale, ogni appiglio valoriale è venuto meno. La polifonia estetica diventa una cacofonia etica. Mai un film musicale sarà così poco intonato e nello stesso tempo fluido e lucido. Capolavoro da vedere e rivedere, ogni volta provando a cambiare prospettiva, a giocare con i personaggi per capire visione dopo visione, quanto siamo diventati simili a loro.
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