Regia di Robert Altman vedi scheda film
Ci vorrebbe un libro intero per parlare di questo film-evento. Gli anni 70 furono un periodo di grandi affreschi corali (Fellini, il Truffaut degli "Anni in tasca"...), della dissoluzione narrativa ("Il fascino discreto" di Bunuel), della critica all'American Dream (Coppola e tanti altri...). Ebbene, Altman coagula tutte questa esperienze nel suo capolavoro, mettendoci ovviamente del suo: per il regista americano la "perdita di centro" e la molteplicita' dei personaggi sono gli strumenti per segnalare l'evanescenza e la meschinita' degli stessi, come se ciascuno di loro avesse veramente solo 15 minuti di gloria...Quando sembra che Altman si voglia soffermare su un personaggio o su una scena, ecco che questa si interrompe per lasciar spazio ad altro...Montaggio frenetico, uso sopraffino del sonoro, sguardo spietato e distaccato sulla variopinta galleria di personaggi sono gli aspetti essenziali dal punto di vista formale; contenutisticamente, c'e' il cinismo del mondo dello spettacolo, il crollo dei valori tradizionali e soprattutto il fatto che tutto (anche la musica) sia subdolamente permeato dalla politica (geniale la scelta di non inquadrare mai il candidato Walker)...E' un film sulla nevrosi, lo spaesamento, la follia, l'indifferenza, la massificazione, il radicamento culturale di certi miti (a partire dal country), sulla vittoria dell'ambiente (volgare e gretto) rispetto a cio' che lo popola (la poesia della musica)...Puo' anche essere letto come un contro-musical. Insomma, nella messinscena e nei contenuti, un capolavoro. E un documento dell'America degli anni 70
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