Regia di Bruce Lee vedi scheda film
L'arte marziale come "coreografia",di mezzo lui,l' artista d'una lotta millenaria,carismatico ed iconografico nel rendere il kung fu un pezzo da cinema "cult"."l'URLO DI CHEN TERRORIZZA ANCHE L'OCCIDENTE" è una sorta di canto del cigno di una leggenda,quel Bruce Lee che morira' prematuramente un anno dopo.Artista nella lotta e nella vita (e nell'interiorita'),Bruce Lee attraverso il kung fu e successivamente con il "Jeet Kun do" (la via del pugno che intercetta) esprimeva se stesso,la lotta era un mezzo di "trascendenza" interiore,ponendosi al di sopra di ogni egocentrismo o "superIO" come diretta espressione d'un mezzo "finale" dell'animo.
Lee si pone qui come regista,soggettista oltre a diventarne interprete e coreografo.Sbarca a Roma nelle vesti d'un semplice giovanotto di campagna,un cinese con il sacro fuoco del Kung Fu marchiato sulla pelle,il suo compito è quello di aiutare un gruppo di connazionali proprietari di un ristorante,vessati e taglieggiati da una banda malavitosa del posto.......
Un soggetto semplice dunque,tipicamente "seventies",che si staglia nell'aura cinematografica d'un filone molto in voga all'epoca.
La struttura del film risulta scorrevole,organicamente al di fuori d'un cinema da elucubrazione intellettuale,
da par suo il mitico Bruce si eleva ad icona di genere,sprizzando energia vitale ed umorismo straffotente,mettendo i suoi nervi al servizio di una regia coreografica,dove la lotta è un mezzo per abbattere il cattivo di turno,divenendone cosi' forma d'arte "individuale".La potenza del film risiede dunque nell'iconografia "marziale" del periodo,Roma diventa la roccaforte della secolare cultura cinese,Lee esprime regia (ed energia) fisica,movimenti centellinati spontaneamente,oltre ad un flusso muscolare in armonia con la natura,tutto dev'essere come l'acqua,l'elemento piu' forte in assoluto (per i cinesi),in grado di ghiacciarsi,penetrare tra le rocce,assumere qualunque forma...........
La filosofia della lotta si compie in una Roma "settantiana" che non fosse stata per i monumenti non sarebbe parsa tale,difatti la regia di Lee utilizza la citta' eterna come scenografia,una sorta di Pantheon moderno come sfondo di lotta.Effettivamente vi è un minimo accenno (iniziale) al "modus vivendi" dei romani,dopo assistiamo ad una vicenda dai toni tra l'umorismo e l'action drammatico.Trattandosi di un soggetto di Lee non poteva essere altrimenti,il "Piccolo Drago" si circonda di un cast onesto,di mestieranti dalla vis congeniale per i temi trattati.Bellissima la controparte femminile Nora Miao,dolcissima ed innamorata di Lee,cosi' come la sensuale Malisa Longo che qui appare in un cameo.Il resto è parte dell'universo attoriale della cinematografia di Lee,tipici "villain" da action anni 70,che nel contesto romano stonano un pochino (data l'attinenza "europea" del soggetto) con i cattivi di turno esaltati da un certo "americanismo".
Aldila' di queste innocenti pecche o lievi ingenuita' il film funziona bene,oleato nei sincronismi scenici quanto nei meccanismi coreografici e denso d'una fisicita' naturale molto primordiale.Il finale ci regala infatti un duello epico,un pezzo di lotta "cult" tra l'icona Lee e il virgulto (all'epoca) Chuck Norris sullo sfondo del Colosseo.Il risultato è di un eccellenza pura,dinamica e artistica nel movimento tra i rivali,con le rovine storiche romane a supportare il dinamismo bruto dello Yankee Norris contrapposto all'orientale armonia di Lee.Bellissima l'idea del gattino spettatore che si lecca i baffi,quasi a voler stemperare la violenza cieca di un incontro che onestamente parlando eleva Lee e abbatte Norris.Con dovuto rispetto per il mitico "Walter Texas Rangers" Lee si muove con stile ed eleganza quasi danzando,al contrario il bruto Chuck appare fisicamente massiccio, legnoso nei movimenti e incongruente nei colpi.Alla fine doveva pur andare cosi',in un film onesto e godibile nell'azione dove il mito Lee regala gli ultimi sussulti di una carriera (e una vita) assolutamente leggendaria........
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