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Agente Lemmy Caution: Missione Alphaville

Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film

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La recensione su Agente Lemmy Caution: Missione Alphaville

di Kurtisonic
8 stelle

Spacciandosi per giornalista, l’agente segreto Lemmy Caution penetra nella galassia di Alphaville con la scusa di intervistare uno dei suoi creatori, ma col vero intento di riportarlo via, verso i cosiddetti paesi esterni. Cosa c’entra J.L.Godard con la fantascienza? Niente, se la si intende come una rappresentazione classica di genere, che si avvale di metriche, linguaggi figurati collaudati, o peggio misurandone il potenziale comunicativo con mezzi ad effetto propri del genere che possono essere a disposizione. Se invece il cinema è un pretesto teorico, una rivisitazione intellettuale, la creazione di una realtà cinematografica che mette in discussione le dinamiche di approccio all’immagine e alla percezione di un testo, allora il regista francese può permettersi di fare qualsiasi cosa, dal cartone animato al film pornografico. Fedele ai suoi principi operativi, Godard usa il suo film per manifestare il proprio pensiero, che può confliggere con le immagini, che può scontrarsi anche con ciò che lo spettatore sente e vede, destrutturando così  la sua percezione. In un’atmosfera che si rifà al noir e al poliziesco americano Caution si muove secondo le logiche interne del regista, la voce fuori campo del protagonista ogni tanto tira le fila, spiega qualcosa e spinge lo spettatore in avanti. Ma non è una sofferenza, anzi, il film nell’esplicarsi rivela attraverso citazioni letterarie e filosofiche la natura del sottotesto, incantato da un senso estetico mai banale  ma irrequieto come il suo autore. Il mondo di Alphaville è il cinema stesso, il protagonista, regista e autore, non si fa fregare da nessuno e perché le cose si trasformino è disposto a tutto, salverà la figlia dell’onnipotente creatore, impersonificata dalla bellezza di Anna Karina, entrambi sono i soli esseri umani significativi, non robotizzati né omologati, fuggono dal mondo fallace delle immagini dove chi “agisce in maniera illogica” viene giustiziato, per tornare nelle terre forse più feconde e certamente più libere dei paesi esterni. Il mondo di Alphaville è sconfitto, destinato ad avvinghiarsi su di sé, a restare troppo lontano e distaccato dalla vita, imbrigliato a riprodursi senza cogliere l’essenza della realtà. Godard tributa ancora una volta l’omaggio alla sintesi rappresentativa di Rossellini di cui è un ammiratore, girato con pochi mezzi scenici ed espedienti sorprendenti, gli esterni sono mostrati per gran parte della visione indefinibilmente in notturna, ma siamo a Parigi, architetture, linee e spazi che lentamente prendono forma solo con la luce, lo scenario diventa quello  consueto della nouvelle vague, cioè la strada, dove il  mondo  vive parallelamente con il fare cinema. Girato nel 1965 forse già prelude alla crisi che si formalizzerà nel dopo maggio francese con la rottura con Truffaut e con la nouvelle vague. Alla ricerca di forme sempre nuove e diverse da dare al cinema per connaturarlo alle nuove realtà sociali che però saranno ad un cero punto così tanto in movimento e in evoluzione da travolgere e sorpassare il lavoro del regista che comunque resta una delle voci più innovatrici e anticonformiste della settima arte. 

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