Regia di Pierre Tsigaridis vedi scheda film
Uno dei migliori esordi degli ultimi anni in regia, per un film puramente di genere horror, visionario, suggestivo e d'effetto, in grado di riconciliare l'appassionato con il vero cinema fantastico.
Capitolo 1: The Boogeywoman
Temecula, California (USA). Sarah, (Belle Adams) incinta di un bambino, mentre sta cenando con il compagno Simon (Ian Michaels) nota un'anziana fissarla, con insistenza, dall'esterno, attraverso la vetrata del ristorante. Una successiva sensazione di malessere, ansia e disagio fisico la convince di essere sotto il nefasto influsso di un incantesimo. A casa degli amici Melissa (Dina Silva) e Dustin (Tim Fox), una coppia esperta di fenomeni paranormali, Sarah e Simon accettano di partecipare ad una seduta spiritica con tavoletta ouija, ma la situazione degenera: Sarah, posseduta da una entità malvagia, perde il bambino e scompare misteriosamente.
Capitolo 2: Masha
Rachel (Kristina Klebe) condivide l'appartamento con Masha (Rebekah Kennedy), una ragazza di origine rumena, ninfomane e piuttosto stravagante, che mostra di essere morbosamente interessata a Charlie (Clint Hummel), il compagno di Rachel. La vigilia di Natale, Rachel decide di trasferirsi dalla madre Maria (Daniela Kennedy), senza immaginare di essersi così resa obiettivo di maledizione da parte di Masha, in realtà una pericolosissima, invidiosa, perfida e malvagia strega.
Epilogo
Una congrega di "maligne" si prende cura di Masha mentre Sarah, dopo essere stata ritrovata, è ospite in un centro di riabilitazione.
"She gave me the evil eye. The bitch at the restaurant..."
(Sarah)
Un debutto di tutto rispetto, quello di Pierre Tsigaridis, all'opera su una stupenda sceneggiatura - che sviluppa due differenti episodi, con diverse protagoniste, in maniera trasversale e ad incastro - scritta in compartecipazione con Kristina Klebe e Maxime Rancon. Partendo dal presupposto che le streghe, dotate di poteri sovrumani, esistono (perlomeno dall'altro lato di uno schermo), sono malvagie, mangiano i bambini e assumono un aspetto agghiacciante (con occhi bianchi, privi di iride e pupille, volti deformati resi angoscianti da sorrisi spaventosamente macabri), in particolare quando scatenano le loro facoltà psicocinetiche, Two Witches conduce con fermezza lo spettatore in un contesto da incubo, in debito con un tipo di cinematografia (e di poetica macabra) squisitamente anni Ottanta: esemplare via di mezzo tra quella di Lucio Fulci, contraddistinta da dettagliati zoom sugli occhi bianchi, sbarrati, delle ambigue protagoniste "bionde" (alla Catriona MacColl o Cinzia Monreale) e da una filosofia artaudiana (tipicamente da teatro della crudeltà) e quella più visionaria del miglior Dario Argento, con cromatismi accentuati, punti macchina non convenzionali e presenza di streghe che - per citare il professor Milius, ospite in quel capolavoro cinematografico che è Suspiria (1977) - "fanno il male. Nient'altro al di fuori di quello. Conoscono e praticano segreti occulti che danno il potere di agire sulla realtà e sulle persone. Ma solo in senso maligno. Il loro scopo è ottenere vantaggi materiali e personali ma possono raggiungerli esclusivamente con il male degli altri. Con la malattia, con la sofferenza, il dolore e non di rado con la morte di coloro che prendono di mira per una qualsiasi ragione".
Tsigaridis debutta con un'opera, sempre più insolitamente, fedele al genere e alla tradizione del miglior cinema "dell'orrore", riuscendo nel difficile compito di girare un film che fa paura, per come interpretato dai bravissimi attori (davvero eccezionale, in particolare, Rebekah Kennedy nei panni di Masha), girato, montato e accompagnato da un doppiaggio esemplare. Two Witches riconcilia, senza dubbio, lo spettatore con il cinema fantastico, per l'indiscutibile qualità dell'insieme e per la scelta atipica del regista, che ha il coraggio di esordire con un lungometraggio privo di qualunque contaminazione (di genere, ideologica e/o politica). Un divertissement che assume la configurazione di una favola nera, non necessariamente allegorica, per nulla retorica e ancor meno metaforica, priva di sottotesti o significati intellettuali spesso incomprensibili, del tutto strutturata con l'obiettivo di perseguire un'apprezzabile logica di pura evasione. Fa paura, e vista la marea di scadenti horror realizzati negli ultimi anni, riesce quindi a raggiungere un traguardo che, ormai, sembra essere sempre più estraneo alla categoria.
Il professor Milius finiva il suo discorso, sulla stregoneria, con una raffinata citazione latina: "«quoddam ubique, quoddam semper, quoddam ab omnibus creditum est». Che significa: «la magia è quella cosa che ovunque, sempre e da tutti è creduta»."
Two Witches rinnova questa credenza, perlomeno riportando sullo schermo la vera "magia" del cinema, l'illusione che altrove possa esistere un mondo diverso, incantato, pure se perturbante, spaventoso, cioè a dire artefice di quello spavento che si prova di fronte all'ignoto, allo sconosciuto, al mostruoso e il cui esito, spesso, ha un positivo effetto liberatorio, quando non catartico.
Two Witches: scena
"Prima di dissertare sulla magia, come su qualsiasi altro soggetto, il nome va distinto nei suoi significati: tanti sono i significati del termine magia, quante le specie dei maghi. Mago anzitutto significa sapiente, come lo erano i Trimegisti fra gli Egizi, i Druidi fra i Galli, i Gimnosofisti fra gli Indi, i Cabalisti fra gli ebrei, i Magi fra i Persiani (discendenti da Zoroastro), i Sofisti fra i Greci, i Sapienti fra i Latini."
(Giordano Bruno)
F.P. 10/11/2022 - Versione visionata in lingua inglese e rumena (durata: 98'14") / Data del rilascio USA (home video): 18/10/2022
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