Regia di Edoardo Leo vedi scheda film
Edoardo Leo è stato un allievo del grande Gigi Proietti. Un paio d'anni prima della scomparsa di quest'ultimo decise di girare un documentario sul pirotecnico attore romano, che non riuscì mai a vederlo perché morì nel giorno del suo ottantesimo compleanno, nel 2020. Se questo è forse l'unico cruccio di Leo, non lo è sicuramente per lo spettatore, che per un'ora e mezza viene sottoposto a uno spezzatino indigesto e senza criterio dove manca tanto (a cominciare dalla presenza di Brignano, il discepolo più diretto di Proietti) e c'è troppo di altro. Troppe testimonianze inutili (la sorella, le figlie e il suo musicista Lello Arzilli che snocciolano aneddoti insipidi), troppa voce off, fastidiosa, zuccherina e levigata (quella del regista), troppi superlativi che creano un effetto inflattivo (è tutto eccezionale, straordinario, speciale) e, soprattutto, un tono grave, grondante retorica, che permea l'intero film. Con questo armamentario, il documentario ricalca in maniera stucchevole la totalità del percorso artistico di Proietti, passando dalle prime esperienze musicali e teatrali ai successi dello spettacolo cult di Proietti, A me gli occhi, please, fino alle esperienze televisive, a quella con Carmelo Bene, al successo di Febbre da cavallo al cinema, all'amicizia con Vittorio Gassman, alle esperienze del teatro Brancaccio e del Globe Theatre. Il tutto senza un sussulto e spesso mortificando le straordinarie performance di Proietti con commenti continui e pedanti.
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