Regia di Habib Bavi Sajed vedi scheda film
Passando per le panoramiche su paesaggi inariditi oltre che su corpi e volti devastati, Sami si presenza come testimonianza delle condizioni disperate in cui versano una popolazione ed un territorio stremati dall'immobilità di una situazione insostenibile e dimenticati dalla luce dei riflettori.
Nato e cresciuto nella città iraniana di Ahvaz, Sami un tempo coltivava il suo terreno. Ma dalla fine della guerra con l'Iraq quel terreno non produce più nulla, essendosi trasformato in un campo minato: l'esplosione di una di queste mine, ad anni di distanza, ha ucciso sua moglie Dallal mentre era prossima al parto. La bimba che lei portava in grembo fece in tempo a nascere, ma ci rimise una gamba. Da allora, Sami ha smesso di sorridere, ha rifiutato di cercarsi una nuova sposa o anche di lasciare tutto e spostarsi in città, e ha deciso di mettersi al servizio di quella bimba, facendo, assieme al fido cavallo Vardah, le veci della gamba portatale via dall'esplosione, per accompagnarla a scuola e non farla sentire diversa dagli altri; oggi che quella bimba è diventata una donna in età da marito, il suo obiettivo è quello di trovare qualcuno che finalmente ripulisca quel terreno, affinché ritorni fertile e lui possa permettersi di comprarle la protesi che a lei serve per poter essere accettata in sposa.
«La maggior parte degli attori di questo film, ha interpretato il ruolo della propria vita reale»: Sami, il primo lungometraggio di Habib Bavi Sajed, si apre con questa didascalia, e si chiude con un dettagliato excursus sui numeri spaventosi che riguardano le mine antiuomo, un nemico subdolo e invisibile che fa morti e feriti anche a decenni di distanza. La sua attenzione, a trent'anni dalla fine del conflitto, si rivolge infatti alle vittime di un dopoguerra che in realtà è una nuova guerra a tutti gli effetti, silenziosa e cristallizzata nel tempo: nel villaggio che realmente lo ha visto crescere, e con la gente che come lui ha vissuto e tuttora vive in una condizione di pericolo costante, il regista ambienta il commovente racconto di un uomo testardo e della sua resilienza, soffermandosi sulle difficoltà e i rischi che rendono difficile, rischiosa e costosissima la neutralizzazione anche di un singolo ordigno.
Partendo dagli esposti che periodicamente Sami presenta al tribunale chiedendo che un intervento sul suo terreno, ricevendo da sempre ed ancora sistematici rifiuti, e passando per le panoramiche su paesaggi inariditi oltre che su corpi e volti devastati, Sami si presenza come testimonianza delle condizioni disperate in cui versano una popolazione ed un territorio stremati dall'immobilità di una situazione insostenibile e dimenticati dalla luce dei riflettori.
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