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A Film About Couples

Regia di Natalia Cabral, Oriol Estrada vedi scheda film

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La recensione su A Film About Couples

di pazuzu
5 stelle

Curioso e spiritoso finché si vuole, il giochino metacinematografico messo su dalla coppia di registi si regge su uno spigliato gusto per l'autoironia (lui si sente 'autore' ma manca di illuminazioni, le vuol intervistare le persone ma non sa approcciare), ma dopo mezzora diventa ripetitivo, monotono, stucchevole.

 

 

In una sala semideserta è in corso la presentazione di un film. Al termine della proiezione, il moderatore nel silenzio generale ne introduce i registi, che sono marito e moglie nella vita: tra i quattro gatti presenti, l'imbarazzo è tale che nessuno ha voglia di far loro domande così illuminanti. Alla fine, faticosamente, ne arrivano un paio: la prima è la classica richiesta di aver spiegato il finale, sulla quale di fatto soprassiedono; alla seconda, «Com'è lavorare in coppia?», i due si guardano passandosi reciprocamente il testimone, ma nessuno risponde.
Stacco, titoli di testa: ha inizio Una película sobre parejas (A Film About Couples), ovvero, "Un film sulle coppie".

 

 

L'incipit del nuovo film dei coniugi dominicani Natalia Cabral & Oriol Estrada è la simpatica, originale, ed azzeccata introduzione ad una commedia impostata come il making of di un falso documentario.
In strisce cariche di senso dell'umorismo ed autoironia, i due - interpretando loro stessi - prendono poi a interrogarsi su che senso abbia avuto girare un film per presentarlo davanti ad una platea quasi vuota, cercando un argomento per iniziarne uno nuovo e voltare subito pagina. E la domanda a cui non avevano risposto, evidentemente, continua a ronzare nelle loro orecchie, anche se a farli optare per "Un film sulle coppie", di fatto, è l'incontro con due non vedenti che con figlia al seguito, come loro, passeggiano felici in un parco. Cercando coppie adatte e disposte a farsi coinvolgere, i due registi, con le loro schermaglie, le loro divergenze e le loro discussioni, diverranno in maniera sempre più consapevole, i veri protagonisti del racconto.

 

 

Non si può dire, però, che il risultato di tanto sforzo sia un film riuscito: ad esser tutto sommato debole, infatti, è proprio l'idea di fondo. Curioso e spiritoso finché si vuole, il giochino metacinematografico messo su dalla coppia di registi si regge su uno spigliato gusto per l'autoironia (lui si sente 'autore' ma manca di illuminazioni, le vuol intervistare le persone ma non sa approcciare), ma dopo mezzora diventa ripetitivo, monotono, stucchevole. Incapaci di porsi dei doverosi limiti temporali, Cabral & Estrada decidono di esagerare e tirare la corda per quasi un'ora e mezza, straparlando di Wiseman, Apichatpong, Ozu e Kieslowski ma di fatto parlandosi addosso, riuscendo se non altro, nel corso di un secondo tempo dominato dal superfluo, a strappare l'ultimo sorriso - seppur innocuo - proprio sui titoli di coda (letteralmente).

 

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