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La casa tra le onde

Regia di Hiroyasu Ishida vedi scheda film

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La recensione su La casa tra le onde

di mck
8 stelle

C'è un Corviale in mezzo al mare...

 

 

Ame wo Tsugeru Hyoryu Danchi”, letteralmente traslitterato in “Complesso Residenziale alla Deriva che Annuncia - o che è Annunciato da - la Pioggia”, poi internazionalizzato in inglese con “Drifting Home that Tells the Rain”, ovvero “la Casa alla Deriva e/o nella Corrente che Racconta (o, per altri versi, raccontata - o resa tale - da) la Pioggia”, e successivamente condensato in “Drifting Home”, ben reso in italiano con un più artatamente poetico “la Casa tra le Onde” (ma poteva lasciars’intendere anche come “Verso Casa”), mentre i francofoni hanno optato per un altrettanto, se non più, elegante, ma un po’ decontestualizzato, “le Mura Vagabonde”, l’opera seconda nel lungometraggio di Hiroyasu Ishida, classe 1988, basata sulla sua sceneggiatura originale scritta con Hayashi Mori e Minaka Sakamoto, è sì, quasi forse certamente, un passo indietro rispetto alla più al contempo compatta e ampia narrazione di “Penguin Highway”, ma rimane, con qualche difetto nel manico (ovvero la rappresentazione della questione morale di questo lavoro, oltre ai più o meno grandi shock infantili e pre-adolescenziali riguardanti la perdita dei nonni, i litigi e gli abbandoni genitoriali e i traslochi forzati con relativa perdita di un pezzo di storia quotidiana, vale a dire la da lei medesima reiterata “inadeguatezza” alla vita in comune della co-protagonista, il suo continuo, com’ella stessa lo esplicita, “rimuginare”), un film...

 

 

...validissimo: un fantasy le cui regole, pure certo arbitrarie e a volte prive di un deducibile rapporto di causa-effetto tra loro, sono impostate attraverso un’impalcatura coerente e funzionale al racconto: l'allegoria arcipelagica regge il compito di scavo psicologico ed esposizione comportamentale: la metafora post-edilizia (le demolite spoglie di cemento, acciaio, legno e vetro prima replicate e poi trasferite salvandole dall’oblio terreno con una traslazione magica in un oceanico purgatorio di declino e decadenza che le restituisca al proprio valore di un tempo) ed… edificante, veicolata da questa sorta di "yurei/kappa" architettonici legati a ogni isola fluttuante (condominio, palasport, fabbrica, parco giochi, etc…), e da ognuna d’ess’emanati, è ben tratt(eggi)ata, e il tutto – fotografia di Kei Machida, montaggio di Ryota Kinami, musiche di Umitarô Abe (già autore della colonna sonora di “Penguin Highway”), art direction di Kunihiko Inaba, character design di Akihiro Nagae, produzione di Studio Colorido e distribuzione orbeterracquea da parte di Netflix – resta di godibilissima fattura e percettibilment’empatico.

 

 

Tutta la differenza tra una House e una Home.

 

E come non riandare con la memoria al recente "Listen Again and Seek the Sun" di Paloma Baeza, terzo ed ultimo capitolo contenuto nell'opera antologica "the House"?


C'è un Corviale in mezzo al mare...

 

 

* * * ¾ - 7.5   

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