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Sette orchidee macchiate di rosso

Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sette orchidee macchiate di rosso

di undying
7 stelle

Primo giallo, generalmente collocato nel filone "alla Dario Argento", scritto e diretto da Umberto Lenzi, regista in realtà ispirato dal romanzo "Appuntamenti in nero" di Cornell Woolrich e da "La sposa in nero" di François Truffaut.


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Roma. Un sanguinario assassino colpisce alcune donne indifese, lasciando sui loro corpi, privi di vita, una mezzaluna d'argento. Un'altra vittima - Giulia (Uschi Glas) - ferita su un treno, durante il viaggio di nozze, viene salvata dell'intervento provvidenziale di un controllore. L'ispettore Vismara (Pier Paolo Capponi) si occupa dell'indagine e con l'aiuto di Mario (Antonio Sabato), il marito di Giulia, lascia diffondere dai giornali la (falsa) notizia che la ragazza sia stata uccisa, per proteggerla dall'assassino. Proprio grazie a Giulia, in passato titolare di un albergo, emerge che un paio d'anni prima le vittime, tra le quali anche una prostituta - la ex cameriera Ines (Gabriella Giorgelli) - avevano soggiornato, o lavorato, nello stesso hotel. La polizia tenta di mettere in sicurezza le altre tre donne presenti nell'albergo in una specifica data: quella in cui era ospite anche Frank Saunders, un americano che si era poi accompagnato con una di loro, in seguito morto in un incidente stradale per omissione di soccorso, da parte della stessa donna. Gli omicidi procedono: viene assassinata la disabile Elena Marchi (Rossella Falk), ricoverata in una struttura per malati di mente, infine Anna Sartori (Marisa Mell), la responsabile dell'incidente. Il cerchio si stringe attorno a Barret (Bruno Corazzari), amante gay di Saunders: si suppone che, per vendetta, non conoscendo l'identità della donna alla guida dell'auto, Barret abbia deciso di eliminare le cinque ospiti dell'albergo, assieme alla cameriera e alla stessa titolare Giulia. Quando viene trovato il cadavere senza vita di Barret, apparentemente morto suicida, il caso sembra risolto. Ma in realtà il colpevole è un altro, un pastore evangelico (Renato Romano), il fratello di Frank.

 

Marisa Mell

Sette orchidee macchiate di rosso (1971): Marisa Mell

 

Traendo spunto sia dal romanzo Appuntamenti in nero di Cornell Woolrich, che dal film La sposa in nero di François Truffaut, Umberto Lenzi scrive un soggetto, poi sviluppato in sceneggiatura assieme a Roberto Gianviti, che tenta di inserirsi nel filone giallo alla Dario Argento, proponendo un intricato whodunit nel quale agisce un assassino nero vestito, con cappello e guanti, spietato e sanguinario [1]. Dopo aver diretto la trilogia con Caroll Baker e Un posto ideale per uccidere, il regista si cimenta - per la prima volta - con i temi e le atmosfere care a Dario Argento. Tornerà, con più convinzione, a dire la sua in modo migliore (Il coltello di ghiaccio e soprattutto Gatti rossi in un labirinto di vetro) ma, anche in questa circostanza, riesce a creare una discreta pellicola ricca di colpi di scena, impreziosita da un cast esemplare a cominciare da Pier Paolo Capponi (nel ruolo del determinato ispettore), per proseguire con Sabato e la Glas, di fatto i due veri protagonisti del film. Ben diretto (sorvolando sull'abuso dello zoom, tipico del periodo), Sette orchidee macchiate di rosso coinvolge lo spettatore nel tentativo di risolvere un rompicapo giallo ben congegnato, la cui risoluzione finale è però di tipo impossibile, essendo tenuto nascosto al pubblico il particolare chiave (la parentela tra il killer e Saunders), indispensabile all'identificazione e al disvelamento dell'enigma.

 

Marina Malfatti

Sette orchidee macchiate di rosso (1971): Marina Malfatti

 

Critica

 

"Una trovata banale collega i numerosi assassini di Sette orchidee macchiate di rosso (...) Umberto Lenzi, regista di film d'avventura e dell'orrore, ha avuto la mano abbastanza leggera nel tratteggiare la storia e nell'inventare un colpevole difficile da indovinare. Però non tutte le regole del 'giallo' sono rispettate (...) Modesta ma non fastidiosa la coppia protagonista." [2]

 

"La soluzione dell'enigma è appiccicata. Senza il rigore geometrico dei gialli, il film procede stancamente, rivisitando i più battuti luoghi comuni dagli hippy di Piazza di Spagna alle porte che cigolano. Gli attori fanno finta di spaventarsi." [3]

 

"Umberto Lenzi, pioniere del filone in fase calante, decide di sperimentare la new wave e scrive un soggetto tacitamente ispirato al romanzo Appuntamenti in nero scritto da Cornell Woolrich nel 1948. Assieme a Roberto Gianviti - autore di tutti i gialli di Lucio Fulci - sviluppa una sceneggiatura permeata degli archetipi più in voga: a livello narrativo il killer di donne di nero vestito, il detective improvvisato, l'ispettore di polizia inerme e il prete assassino; a livello scenico il dominio del buio, le lame affilate, la casa diroccata come contenitore di terrore e verità e le inquietudini sonore (tanto nei rumori, quanto nelle varianti del brano Why?, già utilizzato da Riz Ortolani in Così dolce... così perversa). A causa delle pressanti intromissioni del produttore Lamberto Palmieri - che coordina una collaborazione finanziaria fra Italia e Germania Ovest - lo script viene punteggiato dalle didascaliche spiegazioni dell'ispettore Vismara che tuttavia, sebbene comportino risacche ritmiche, non disinnescano il portato emotivo del racconto. Girato tra Spoleto (Perugia), Roma e dintorni, il film incalza con una suspense costante, ben costruita attraverso l'utilizzo delle luci (il loro spegnimento precede l'entrata in scena del killer) e della macchina da presa tra canoniche soggettive omicide, giochi di ombre nel pre-finale con l'aggressione domestica e delitti impaginati con stile asciutto, diretto. Su tutti, quello in vasca da bagno di Elena Marchi, le cui urla vengono ignorate dalle infermiere della clinica in un montaggio parallelo di potente carica tensiva. La violenza, marcata ma quasi mai eccessiva, irrompe in improvvisi squarci di brutalità e raggiunge vette splatter nel solo omicidio di Maria Sartori, penetrata con un trapano tra schizzi di sangue in un primo piano in una sequenza che sarà rivisitata da Brian De Palma in Omicidio a luci rosse (1984). Lenzi non rinuncia alla sua peculiare cura formale, costruendo inquadrature ricercate, eleganti e pertinenti: agli zoom e alle distorsioni spaziali è sempre affidato un ruolo destabilizzante; una prospettiva a piombo schiaccia Kathy, prefigurandone la morte; la scena del vernissage del pittore astrattista Piero Dorazio alla Galleria La Nuova Pesa di Roma riflette l'universo borghese della storia. Se la messa in quadro persegue funzioni prima di tutto emotive (tensione, shock), alla drammaturgia è invece affidato l'aspetto cerebrale dell'intreccio, quello che distingue maggiormente il film dalle opere di Argento ed epigoni. Infatti, se per l'autore romano la solidità del racconto è elemento secondario e sacrificabile, per Lenzi resta centrale in un dedalo di indizi e colpi di scena ben piazzati (su tutti, la finta morte di Giulia e l'assassinio della gemella 'sbagliata' Maria) che determina un ulteriore input per il crescente emotivo. Titolo dall'impeccabile granicità di scrittura e realizzazione, Sette orchidee macchiate di rosso è un frutto paradigmatico della golden age del thriller all'italiana."

(Claudio Bartolini) [4]

 

"I suoi gialli a cavallo degli anni Settanta godono di una fama un pò usurpata: le atmosfere languidamente erotiche, le ambientazioni astratte, i contesti alto borghesi sono quasi d'intralcio a intrighi complicati più che complessi. Più a suo agio il regista si trova con il thriller puro (Un posto ideale per uccidere, Il coltello di ghiaccio, Sette orchidee macchiate di rosso), perché finalmente in grado di manipolare gli intrecci con un susseguirsi di colpi di scena incoerenti ma emozionanti."

(Andrea Pergolari) [5

 

"Condotto con uno spiccato senso della suspense, il film presenta frequenti momenti di tensione angosciante e ben calibrata, non indegna dei thriller argentiani cui fa riferimento. Una sequenza in cui il protagonista va a cercare la verità in una vecchia casa disabitata e isolata, tra inquietanti scricchiolii di porte che sbattono, anticipa situazioni analoghe presenti in futuri capisaldi del thriller italiano. Tra i vari delitti che Lenzi si compiace di mostrare, resta memorabile quello in cui una Rossella Falk allucinata e terrorizzata viene uccisa nella clinica dove è ospite, mentre le sue disperate grido d'aiuto non sono prese in considerazione dalle infermiere che la sanno affetta da mania di persecuzione. L'omicidio più splatter è invece quello in cui Marisa Mell è colpita al cuore da un trapano elettrico impugnato con sadismo dell'assassino, in una sequenza che anticipa il De Palma di Omicidio a luci rosse e altri thriller successivi. Da segnalare anche la figura del sacerdote assassino, davvero impressionante, disegnata dal bravo Renato Romano, un attore feticcio del trilling italiano di quegli anni."

(Antonio Bruschini e Antonio Tentori) [6]

 

"I film che hanno influenzato Il coltello di ghiaccio, Spasmo e Sette orchidee macchiate di rosso sono, in realtà, classici come, rispettivamente, La scala a chiocciola di Robert Siodmak, Psycho di Alfred Hitchcock e La sposa in nero di François Truffaut." [7]

 

scena

Sette orchidee macchiate di rosso (1971): scena

 

Visto censura [8]

 

Sette orchidee macchiate di rosso ottiene visto censura (n. 59742) in data 9 febbraio 1972.

Dal verbale allegato al nulla osta:

 

"La 6a sezione della Commissione di revisione cinematografica, visionato il film (...), esprime parere favorevole alla concessione del nulla osta di proiezione in pubblico con il divieto di visione per i minori degli anni 18, perchè il film non è assolutamente compatibile con la sensibilità di detti minori per il clima di alta tensione emotiva ed, a volte, agghiacciante in cui la vicenda si svolge ed in particolare per le modalità svariate e crudeli dell'uccisione delle donne, tra le quali si segnalano quelle dell'omicidio della prostituta a bastonate, quelle dell'affogamento dell'inferma di mente e quelle dell'uccisione dell'ultima vittima a mezzo del trapano."

 

Metri di pellicola accertati: 2550 (oltre 94').

 

 

NOTE

 

[1] Il delitto con trapano, vittima Marisa Mell, anticipa quello presente in Omicidio a luci rosse (Brian De Palma, 1984).

 

[2] "La Stampa", 26 maggio 1972.

 

[3] "Il Corriere della Sera", 26 maggio 1972.

 

[4] "Il cinema giallo thriller italiano", pag. 256 (Gremese edizioni).

 

[5] "La polizia s'incazza", pag. 211 (Lit edizioni).

 

[6] "Guida al cinema giallo e thrilling all'italiana", pag. 96 (Profondo rosso edizioni).

 

[7] Nocturno Book "Solamente giallo" (1950 - 1979), pag 35.

 

[8] Dal sito "Italia Taglia".

 

I testi indicati in nota [2] e [3] sono stati riportati dal libro "Il cinema rovente di Umberto Lenzi" (Edizioni Eif Cinema).

 

Marisa Mell

Sette orchidee macchiate di rosso (1971): Marisa Mell

 

"Che cos'è un delitto, signor giudice, quando esso non sia passionale? È un'opera artistica! Un'opera perversamente, delinquenzialmente artistica! E per opera artistica m'intendo un componimento di fantasia, sobrio e conciso nella forma, equilibrato nei propri elementi costitutivi, serrato e logico, chiaro e armonioso, teso e vibrante."

(Augusto De Angelis)

 

F.P. 31/07/2022 - Versione visionata in lingua italiana - DVD Next (durata: 88'36")

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