Regia di Ken Loach vedi scheda film
Il cinema militante di Ken Loach non va mai in vacanza, al massimo esce dai suoi confini britannici e si affaccia oltreoceano, come era accaduto per esempio con La canzone di Carla. Stavolta invece affronta di petto gli Stati Uniti ed il suo liberismo nel campo lavorativo, facendolo alla sua maniera sempre senza remore e guardando in faccia alla dura realtà degli ultimi della società, dei dimenticati. Come l’ultimo dei mohicani, lui, ultimo tra i veri militanti della sinistra, torna sul tema della lotta di classe e ci narra una storia, simile a tante altre che realmente avvengono, che emoziona anche per la naturalezza degli attori: accostando attori professionisti e non, riesce a dare una maggiore forza al suo messaggio politico. Oggi più che mai un film del 2000 che unisce il problema della occupazione a quello della precarietà e a quello della sicurezza sul lavoro sembra veramente attuale e noi ben sappiamo che quasi nulla è cambiato, anzi. E se poi Loach ci aggiunge il grave problema della immigrazione la miscela diventa esplosiva. La drammaticità del film è tutta nelle facce di quei lavoratori e lavoratrici che ci mostra, della loro lotta alla sopravvivenza, e in cima al corteo che vediamo sembra che ci sia anche lui, al fianco di Sam, urlando uno slogan vecchio di 100 anni ma sempre valido: “Vogliamo il pane e anche le rose”
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