Regia di Joan Chen vedi scheda film
Lui ha quarantotto anni e pare che gli si sia fermata addosso tutta la polvere di secoli di luoghi comuni sul dongiovannismo: occhi strizzati, maglioncino girocollo e capello ben coiffato, non resiste alla conquista e non è, per definizione, “matrimoniabile”. Lei ne ha ventidue, parla come una dodicenne, ha una malattia probabilmente incurabile, una passione per Emily Dickinson, per le perline, le farfalle e per abiti di un kitsch vezzoso e improponibile. Joan Chen, la regista di origine cinese (attrice, per esempio, in ”L’ultimo imperatore“ e ”Fuoco cammina con me“), parte con una strizzata d’occhio a Woody Allen (skyline, Central Park, musica, ristoranti alla moda), ma ruzzola subito in una storia d’amore che più prevedibile non si può, in dialoghi e sdolcinature imbarazzanti, troppo presa dal cinguettio dei suoi protagonisti, dal flou della fotografia, dal ralenti (naturalmente, quando fanno l’amore), per accorgersi della banalità esasperante del suo film e del ridicolo che occhieggia inesorabile. Battute da urlo: «Tu non balli, fluttui» (lui a lei la prima volta che ballano, malino, insieme). Sguardi che strappano la risata invece delle lacrime. ”Autumn in New York“ è come una delle tende di perline tessute dalla sua protagonista: il suo romanticismo è tutto di seconda mano, senza nerbo.
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