Regia di Giuliano Carnimeo vedi scheda film
Terzo capitolo della serie ufficiale (il primo Sartana della coppia Cardone-Siciliano, sempre con Garko, si può dire non c'entri nulla), diretto dal suo continuatore storico, Carnimeo, anche se il pregio dell'originalità va al mitico Parolini (insieme a Leone e Corbucci, il terzo grande "autore" del genere). Troviamo tutti gli elementi del grande circo "Sartana", iniziati da quel jamesbondiano di Parolini, e proseguiti molto bene da Carnimeo stesso: il gioco d'azzardo e le carte, con tutto quello che comportano, tipo illusioni, colpi di scena, beffe, ecc; l'atmosfera cupa da giudizio universale (molte scene clou sono ambientate in luoghi chiusi e bui con gran gioco di inquadrature e con un gran montaggio); la trama pesudo-gialla che porta il far west a fare i conti con trame europee di delitti misteriosi, doppi giochi e tanti sospettati. L'incursione di giapponesi e arti marziali, anche se solo sul finale, va vista come il solito gioco contaminatorio che lo SW sa fare benissimo, ed è carattere suo peculiare. Molte comunque, sono le scene puramente western, in cui Sartana sfodera tutto il suo carisma canagliesco, e il regista sa come usare la MDP, come muoverla e come aderirla ai personaggi. Per non dimenticare volti noti al genere, e purtoppo sempre in ruoli brevi anche se intensi: come Franco Ressel e Rick Boyd, due villain sempre efficaci.
Il Cinema si sa si presta più alla componente visiva che a quella narrativa, ma lo SW vi si presta ancor meglio proprio perchè è la rappresentazione pura della finzione cinematografica. Più ancora del western classico di Ford, Hawks e Sturges, perchè da loro prende l'icongrafia e l'immaginario mitico, ma ne rielabora l'intenzione, che da storico-moralistica diventa semplicemente sognatrice. L'operazione leoniana, corbucciana, paroliniana, valeriiana, e via dicendo tutti, è distante da quella di Ford e compagni, perchè questi mitizzavano un paese e i suoi valori, mentre i nostri westerner italiani mitizzavano il sogno. Mitizzavano l'illusione sognante di un altrove, di un'altra epoca, non tanto spazio-temporalmente, quanto piuttosto un luogo e un tempo dell'anima. Un luogo interno a noi in cui trovare una dimensione in cui essere felici, un'età dell'oro universale in cui spendere la propria vita.
E anche sotto questo aspetto, il film di Carnimeo riesce a farci giocare ai bambini che giocano ai pistoleri. Questo è il nostro altrove, non una regressione infantile, ma una vero e proprio "Io non ci sto".
Non è questo il nostro mondo. Non fa per noi. E Sartana lo sa bene.
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