Regia di Lado Kvataniya vedi scheda film
“La Pena, benché con zoppo piede, raramente lascia sfuggire lo scellerato che le corre innanzi!”
(ORAZIO, Carm. III. 2, 31-32)
Mi sono innamorato di un film. Ciò non vuol dire che quest’opera cinematografica sia stata la migliore possibile da vedere, nella tortuosa e tormentosa stagione targata ‘autunno 2021 / estate 2022’. Ma sta nei fatti che, a fronte di parecchie illuminazioni (“Luzifer” e “Speak no evil” su tutte), molte altre e davvero tante, troppe, sono state le mezze delusioni e le delusioni per intero.
C’è voluta quindi questa epica cantata popolare, popolata da certe Erinni e da una Dike che si trastulla con le viscere, il sangue umano e l’incognita di come un mondo morale russo possa ancora esistere all’interno dell’impero sovietico indecoroso. Che agonizza e muore, e trapassa. Un sistema statalista così terrorizzato dall’avvicinarsi di Furie assalitrici, che cerca colpevoli lì dove non ce n’è e costruisce innocenti, anzi giudici alacri, dove si annida la debolezza e l’omicidio.
Ecco, quindi questa ballata della Giustizia, suprema signora dell’universo. Ecco l’incedere lento ma inarrestabile del suo passo, mentre segue il carnefice, lo scruta, lo inganna, lo svela e lo annienta abbracciato alla sua stessa colpa. E se anche fosse, così come lo è in questa narrazione filmica, che l’uomo colpevole vive nella prosperità, riceve onori, ecco che i morti si levano dalle tombe (anche i vivi-morti, gli uomini sepolti dalla vita in vita, viene da aggiungere), e lo perseguono. E lo portano via con loro.
1988/1991… Due sorelle corrono disperate e ferite, da un bosco verso la strada, verso la salvezza dal loro assalitore. Tra questi due passaggi narrativo-temporali, c’è tutto il film di Lado Kvataniya; una sorpresa, innanzitutto, un bellissimo lavoro che si inserisce perfettamente nel solco di meritevoli thriller dell’Est, quali “Jestem Morderca” di Maciej Pieprzyca o “Strangled” di Arpad Sopsits, e che si ricollega – in terra russa – alle prime eccitanti cose di un regista dotato ma forse un po’ pretenzioso come Yuri Bykov (e mi riferisco a “Live!” e “The mayor”, più che al troppo osannato ed altrettanto lezioso “The fool”). Questo sanguinolento, eccessivo, epico film di Kvataniya è davvero un mondo a parte, di cui nulla è lecito dire se non si vuole spoilerare una storia così intricata ed infernale, capace di tirare dardi avvelenati contro “il Tutto” e discettare di amori e perdizioni ‘minuscole’. Sapida cura a chi pensa di guarire iniettandosi in endovena oculare i 3D, e che invece viene a concentrarsi sui labirinti bidimensionali dell’animo umano!
Ciò non vuol dire che non vi siano difetti in “The Execution”, che qualche piccolo passaggio non paia altro che una forzatura da ammannire con occhio benevolo/complice, ciò non attesta che un paio di personaggi potevano (dovevano!) essere sviluppati un po’ meglio...
Ma, e per fatti di cuore e di mente, me ne sono comunque innamorato.
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