Regia di Stefano Cipani vedi scheda film
La preside di una scuola media convoca i genitori di tre alunni colpevoli di un fatto imperdonabile. La palestra si trasforma così in un tribunale ma credere ed accettare che i loro figli siano colpevoli di qualcosa di tanto orribile sembra impossibile, quando la rabbia e la frustrazione prende il sopravvento le conseguenze saranno irrimediabili.
Dopo i colori pastello di Mio fratello rincorre i dinosauri, Stefano Cipani, grazie al lavoro di Fabio Cianchetti e alla sua stupenda fotografia, ci porta nei meandri oscuri di una palestra, luogo di un delitto nel quale si svolge un processo ai danni di imputati che non intendono collaborare.
Ispirandosi liberamente a Carnage di Roman Polanski e a La parola ai giurati di Sidney Lumet, come lo stesso regista ha dichiarato, la messa in scena si svolge in un luogo unico, fatta eccezione per la prima sequenza, fatta all’esterno, dall’alto mentre arrivano le prime due auto dei protagonisti con tanto di sottofondo da duello western e terriccio che si alza dal suolo, che Cipiani sembra utilizzare quasi a volerci presentare il luogo in cui accadranno i fatti (era davvero necessario?), così come unici sono i protagonisti, cinque, ai quali non si affianca mai nessuno: la preside, ligia al dovere ed intenzionata a risolvere il fatto nel modo più corretto possibile, interpretata da Giovanna Mezzogiorno, e i quattro genitori, i coniugi Sergio Rubini e Angela Finocchiaro, Claudio Santamaria e Raffaella Rea.
Tratto dall'opera teatrale di Giorgio Scianna La Palestra il film di Cipani coinvolge pur presentando dei momenti discendenti in cui la sceneggiatura sembra girare su sé stessa. La presenza di alcuni elementi finiscono per interferire nella buona composizione filmica, vedi la scena iniziale sopra citata, che seppur somigliante alle pellicole già citate non ne è mai una copia esatta il che la rende a suo modo originale.
La moralità, messa in discussione con i fatti che accadono e il modo in cui i genitori la affrontano, è qualcosa su cui riflettere a fondo. I pensieri che volta per volta vengono generati da ognuno dei genitori coinvolti, che tentano goffamente di giustificare il grave gesto compiuto, è la fotografia di una mentalità radicata nella nostra società in cui ognuno potrebbe riconoscersi; il modo in cui tutto questo viene ricostruito, attraverso la riscrittura di un testo teatrale che diventa cinematografico è straordinario, la mano dei fratelli d’Innocenzo, che hanno compiuto la conversione, si riconosce soprattutto nei momenti in cui la pellicola si trasforma in un thriller, o forse tendenzialmente lo è sempre stato, garantendogli così un’identità definita e distinguibile che la differenzia da una pellicola simile di genere comune.
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