Regia di Lisa Downs vedi scheda film
Così come "Life After Flash" del 2017, anche questo "Life After Navigator" è prodotto dalla "Life After Movies", una compagnia che sembrerebbe quindi intenzionata a specializzarsi in documentari che narrano del dopo-carriera travagliato di attori che hanno conosciuto una fama meteorica ed effimera. Una nicchia interessante, bisogna ammettere, che può senz'altro avere il suo pubblico. Qui parliamo di Joey Cramer, tipico esempio di "child actor" presto dimenticato dal pubblico. La crisi d'identità post-celebrità lo porta a sviluppare quei "vizi" che potremmo definire "da manuale": droghe, alcol e crimini. Emergono però anche problemi familiari a lungo sopiti (il padre lo aveva messo da parte, molto brutalmente) ed episodi di bullismo scolastico (subìto) altrettanto determinanti nel generare la spirale auto-distruttiva che porterà l'attore canadese sull'orlo del baratro dopo gli anni '90. Umanamente, da spettatore, viene da stargli vicino, di fare il tifo per lui. Ci si commuove, anche perché sotto sotto si percepisce che ci troviamo di fronte a un bravo ragazzo, nonostante gli errori commessi e i guai con la legge. Un ragazzo un po' vittima di se stesso, della famiglia, della società, questo indubbiamente. Ma probabilmente, come tanti altri attori-bambini, molto più vittima del sistema (Hollywood), senza nemmeno forse rendersene conto fino in fondo. Non tutti si chiamano Ethan Hawke o Ron Howard.
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