Regia di Mario Martone vedi scheda film
Dopo aver vissuto in varie nazioni africane per quarant'anni, Felice torna a Napoli, sua città di origine, per rivedere la madre Teresa, anziana e sola. Nonostante Felice si prodighi per migliorare le condizioni di vita della donna, Teresa poco dopo muore; ma Felice non torna in Egitto, dove ha lavoro e compagna. Rimane a Napoli, e, tra le altre cose, sceglie di avere un confronto con Oreste, suo amico d'adolescenza, poi diventato criminale, insieme al quale fu coivolto in un fatto di sangue. Allaccia un rapporto con Don Luigi, un prete "di frontiera", in prima linea per difendere dalle tentazioni del crimine i giovani dei quartieri "difficili" e, contestualmente, cerca un contatto con l'amico di molti anni prima, il quale sa della sua presenza in città e non ne è contento. L'incontro avviene; successivamente, Felice sceglie di rimanere a Napoli, e ciò non gli porta fortuna. Il regista napoletano Mario Martone porta in scena una vicenda umana, "incastrandola" nella più ampia vicenda sociale della città partenopea, e, in particolare, dei turbolenti quartieri centrali, tra gli abitanti dei quali trovano spazio emarginazione e difficoltà economiche, le quali sono terreno fertile la criminalità organizzata; c'è anche energia positiva, catalizzata, nel racconto, da Don Luigi, un combattivo sacerdote che si fa in quattro per fronteggiare le molte emergenze e tenere impegnati i giovani in attività costruttive, avendo cura di coltivare buoni rapporti con le famiglie cui appartengono malavitosi di varia caratura, i quali, al di là degli "schieramenti", non possono negare la bontà delle attività dell'uomo di chiesa. Per mezzo di Don Luigi, Felice consolida il rapporto con la sua città di origine, dopo averlo riallacciato in occasione del rientro. Il protagonista, dopo decenni di lontananza da Napoli, ne subisce il fascino, nonostante le molte contraddizioni. Sceglie, pertanto, di trattenersi, chiamando in città la compagna, dottoressa in Egitto. Prima di aprire una nuova fase della sua vita, sente di dover chiudere i conti con il passato. Pertanto cerca un incontro chiarificatore con Oreste, con il quale era legatissimo, tanto da esserne succube, durante l'adolescenza; come oggi, era in passato, per i giovani dei "quartieri a rischio". Nei ricordi di Felice, descritti in lunghe sequenze-flashback, vediamo la voglia di vivere, un continuo sfuggire ai pericoli, il cercare in ogni modo di tirare avanti. Il rapporto tra i due amici s'interruppe di colpo durante un tentativo di furto in appartamento. Sorpreso dall'occupante della casa, Oreste lo uccide. Mentre quest'ultimo rimane in città, scalando posizioni nel mondo del crimine e rimamendone segnato fisicamente e moralmente, Felice fu fatto rapidamente partire per l'estero, dove ha vissuto per quarant'anni, lavorando duramente ma riuscendo a farsi una posizione. Cosa rimane, dopo tanto tempo, dell'amicizia tra questi due ormai maturi uomini ? Felice sente di dover dare una spiegazione; la sua partenza fu decisa da altri, e gli anni all'estero non sono stati facili. Neppure per Oreste lo sono stati; ma mentre Felice ha raccolto i frutti del suo tribolare, ed è potuto tornare a testa alta nella sua città di origine, al malvivente non è rimasto che il male. Vive in condizioni di indigenza; è disprezzato e temuto dai suoi concittadini. Non gli è stata concessa una seconda possibilità, e ciò non può perdonarlo all'ex-compagno di gioventù. Dunque, la frattura è insanabile. Oreste invita Felice ad allontanarsi per sempre da Napoli, non ammettendo che egli possa godere di quanto essa offra di bello, senza essersi "sporcato le mani" - o aver per ciò pagato; Felice ignora la raccomandazione, esponendosi fatalmente al rancore di Oreste. Pierfrancesco Favino rende, nei panni di Felice, una buona prestazione. L'accento straniero ed i modi affettati che lo contraddistinguono ad inizio racconto gradualmente si perdono; il suo essere napoletano riemerge con il dialetto ed una maggiore naturalezza nell'esprimere i sentimenti. Gran parte del film è ambientata nei quartieri centrali di Napoli, rappresentati con le loro luci ed ombre : case scalcinate, povertà, il caos delle "stese"; vitalità, desiderio di riscossa, i risalenti misteri della "Napoli sotterranea" che conferiscono impressione di contingenza ad ogni altro fenomeno negativo. Il progetto del regista è certamente ambizioso; sceglie di affrontare due tematiche molto complesse all'interno della medesima opera, e, a mio parere, riesce. La vicenda umana di Felice e del suo rapporto con l'amico di gioventù è ben raccontata; altrettanto ben descritto è il difficile contesto sociale entro il quale agiscono i personaggi, tratteggiato con discrezione, senza portare in primo piano situazioni o elementi sterotipati e senza piglio strettamente documentaristico.
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