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Nostalgia

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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Souther78

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La recensione su Nostalgia

di Souther78
6 stelle

Un po' dramma interiore, un po' critica sociale. Però, purtroppo, la commistione di generi non giova al risultato finale, che rimane sospeso e fermo sulla superficie. Manca, forse, il coinvolgimento dello spettatore per via del distacco emotivo del protagonista. Belle le atmosfere e la descrizione della città partenopea, vista "da dentro".

Prima ancora di iniziare, vale la pena osservare che su tutto qui spicca la recitazione dell'attore-feticcio di Martone, cioè Francesco Di Leva. Qui in un ruolo non da protagonista, ma che facilmente si impone su Favino: due attori che sembrano agli antipodi. Da un lato, un Favino misurato e talmente pacato da non consentire nemmeno di immedesimarsi con i suoi moti interiori. Dall'altro lato, un Don Luigi sanguigno, passionale, coinvolto e coinvolgente.

 

Forse proprio la scarsa partecipazione emotiva del protagonista mina alla base l'intera opera, che fa comunque della lentezza e dei lunghi silenzi un vanto. 

 

Lo scopo, alquanto ambizioso, è quello di fondere l'aspetto umano e la storia personale con le tematiche sociali di più ampio respiro, ma le due narrazioni non sembrano realmente amalgamarsi: la prima parte del film sembra un dramma intimista, mentre la seconda assomiglia a un'opera di denuncia sociale. D'altro canto, pur scindendo il tutto in due tronconi, nessuno di questi appare compiuto: troppo difficile empatizzare con il personaggio, e troppo "vaga" la trattazione del fenomeno camorristico, che in definitiva si risolve più che altro in una incomprensibile faida tra due ex amici.

 

Lunghezza non sempre è sinonimo di autorialità, nè tantomeno garanzia di interesse, e in effetti qui la durata sembra annacquare inutilmente l'esposizione, senza aggiungere realmente nulla che non si potesse rappresentare con 15-20 minuti in meno.

 

E' un peccato che un'opera apparentemente intimista, fin dal titolo, sia poi frustrata da una scarsa comunicatività del suo protagonista, che sembra emotivamente passivo rispetto alle vicende che gli capitano in sorte.

 

L'idea di partenza, comunque, è interessante e originale, anche se probabilmente la possono apprezzare compiutamente soltanto quelli che si sono trovati in una situazione simile, esuli dalla propria patria o in particolare da una città di quelle che, come Napoli, nel bene e nel male, te le porti dentro. E lo spaccato della metropoli campana rappresenta certo un valore aggiunto, soprattutto poichè narrato da chi quei posti li chiama "casa", e sa di cosa parla, probabilmente anche quando ci dice che "in quarant'anni non è cambiato niente".

 

In conclusione, un'opera pregevole sotto vari profili, ma assai limitata da una sorta di indecisione di fondo, e dallo scarso spessore psicologico ed emotivo.

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