Regia di Benjamin Cleary vedi scheda film
"-Ho perso la strada....
-Calma, smettila...vieni qui.
-Mi dispiace tanto...ma è successo.
-Senti. Ascoltami: siamo tornati! Ed è meraviglioso!"
In un futuro non lontano, in cui il mestiere del tassista diventerà più desueto di quello dell'edicolante, e non tanto per il prosperare di forme di servizio abusive alternative, bensì a causa della diffusione di auto di trasporto pubblico a guida automatica, la morte potrà essere un fenomeno surrogabile, ovvero un problema a cui poter fornire una adeguata soluzione, almeno in termini di sofferenza, a favore dei parenti più prossimi a colui che è destinato a non poter più proseguire a vivere. Ad un agiato ed ancora giovane uomo di nome Cameron, una malattia terminale non lascia scampo.
Anziché condividere la sua sofferenza fisica, ma soprattutto morale, con l'adorata moglie incinta ed il loro piccolo primogenito, l'uomo decide di ricorrere alla creazione di un clone che possa sostituirsi a lui in segreto.
Un atto non tanto di onnipotenza e sfida verso il futuro, quanto piuttosto di pietà nei confronti dei propri cari che, ignari di tutto, potrebbero continuare ad amare una copia identica, adeguatamente istruita a proseguire ciò che un destino crudele e prematuro ha deciso di interrompere anzitempo.
Il film di Benjamin Cleary fa il punto sul dilemma interiore del singolo, più che etico in generale, descrivendoci, anzi costringendoci a prender parte ai dubbi e alle insicurezze che mettono il protagonista di fronte ad un dubbio che non accenna a cessare, e anzi si acuisce con l'aggravarsi del suo stato fisico; circostanza quest'ultima, che lo costringe ad arrivare ad una suzione di equilibrio che gli consenta di uscire di scena nel modo più naturale, dignitoso ed elegante che sia possibile.
Più che fantascienza, Il canto del cigno affronta inevitabili dilemmi etici che il progresso umano apre dinanzi ad un progresso che crea nuove allettanti opportunità, ma anche risvolti inquietanti che è utile gestire con assennata consapevolezza che escluda ogni altro fine, se non quello più profondamente umano ed intimo inerente la famiglia ed il suo futuro. Problematiche che il film, onesto ma anche un po' retorico, affronta con una lucidità solo parziale, affossato da un eccessivo incedere in situazioni sentimentali un po' banali che ne sviliscono in parte, le buone intenzioni di partenza, di fatto intuibili ed evidenti.
Un buon cast supporta queste incertezze di scrittura, e per Mahershala Ali questo picco sci-fi costituisce la riconferma della propria validità di interprete.
Nel cast la presenza miliare di Glen Close, nel ruolo della responsabile del processo di clonazione, assicura potenza ed ambiguità ad un ruolo cardine che sa rivalutarsi lungo il corso della tormentata e complessa vicenda. Un po' troppo banale e qualunque, al contrario, il personaggio della solita moglie adorante ed ignara scritto per Naomi Harris, relegata ed arresa ai cliché inevitabili di un personaggio non troppo sfaccettato ed originale per riuscire ad apparire convincente e a tre dimensioni.
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