La misteriosa fine di un sottomarino sofisticatissimo, affondato da un suo stesso missile dopo essere stato attirato in un falso allarme nemico, preannuncia l'esistenza di una potentissima arma destinata ad essere disinnescata grazie ad una chiave composta da due ingranaggi destinati a concatenarsi.
Il solito messaggio autodistruggente avvisa Ethan Hunt (un Tom Cruise scatenato ma inevitabilmente un po' imbolsito) della necessità di tornare in missione per trovare non tanto una parte della chiave (l'altra è in possesso alla latitante Ilsa Faust (Rebecca Ferguson), ma piuttosto chi conosce come e dove essa è destinata ad essere impiegata.
In modo da poter sventare una minaccia che si preannuncia di carattere planetario.
Il presupposto consentirà a Ethan di riunirsi alla sua scombiccherata banda di agenti in incognito, da Luther (Ving Rhames) a Benji (Simon Pegg) ad Alanna (Vanessa Kirby), con almeno una rilevante new entry rappresentata dalla ladra Grace (Hayley Atwell).
Attori quasi tutti di un certo prestigio, qui impegnati in prestazioni di assoluta routine e senza alcuna particolare ispirazione interiore a muoverli, come peraltro pienamente comprensibile cercando di mettersi nei panni di ognuno di loro.
Assieme gireranno il mondo, concentrandosi stavolta su almeno due location italiche di prestigio come Roma e Venezia, riprese nella loro avvenenza unica, ma anche molto scontata e cinematograficamente un po' troppo sfruttata.
In regia, come ormai è consuetudine, l'abile sceneggiatore ed assiduo collaboratore dei progetti di Tom Cruise, Christopher McQuarrie, che dà vita ad uno spettacolone fiume assai rutilante, ma mai veramente emozionante se non nella scena finale del disastro ferroviario, effettivamente forte di un ritmo da cardiopalma che coinvolge uno spettatore meritevole di aver passato indenne le due ore e tre quarti precedenti tutte scontate anche nelle scene più mozzafiato.
Non paghi della serialità ormai ultratrentennale del fenomeno M.I., gli autori hanno anche deciso di dilatare la storia in due capitoli, per cui, nel momento più interessante, lo spettatore, reduce da due ore e mezza di vicissitudini certamente sin troppo allungate narrativamente, si dovrà arrendere ad un non-finale che lo costringerà ad una attesa di almeno un anno.
Questo almeno per gli irriducibili aficionados di una serie che, ora più che mai, comincia a denotare una mancanza di fiato inversamente proporzionale alla tenacia fisica del suo immarcescibile e convintissimo protagonista e produttore Tom.
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