Regia di Robert Eggers vedi scheda film
Il giovane regista Robert Eggers mostra una particolare predilezione per il cosiddetto “mondo magico”, una rappresentazione della realtà storica arcaicamente legata al mondo della superstizione e del fantastico, una visione del soprannaturale che é fondante della realtà stessa quindi socialmente “reale”, in quel determinato periodo storico, sia a livello soggettivo che collettivo.
Lo é stato per il suo film di debutto The Witch a partire dal far esprimere i suoi protagonisti in un inglese arcaico del XVII Secolo e arricchendo la pellicola con stralci dei veri atti dei processi alle streghe dell’epoca.
Lo ha continuato a fare con la sua pellicola più sperimentale The Lighthouse ispirandosi, pur senza essere un adattamento di nessuna storia in particolare, ai romanzi di H.P. Lovecraft e al suo concetto di “orrore cosmico”.
E continua a esserlo anche in questa nuova e terza pellicola, probabilmente il suo film più ambizioso (anche produttivamente) ma anche, rispetto agli altri, più mainstream.
"Ti vendicherò, padre. Ti salverò, madre. Ti ucciderò, Fjolnir".
Eggers firma anche la sceneggiatura in collaborazione con il poeta e paroliere Sjon (autore anche dei testi di diverse canzoni di Bjork), scrittore islandese assurto ormai a nume tutelare riguardo ai miti ancestrali della sua terra (e anche co-sceneggiatore del recente Lamb di Valdimar Johannsson), ispirandosi alla versione scandinava dell’Amleth, un antico racconto orale islandese del X secolo andato ormai perduto a cui si é ispirato lo storico danese Saxo Grammaticus in un testo scritto, il più antico arrivato a noi, risalente però al XIII Secolo (e che William Shakespeare “adottò” per il suo Amleto).
Con The Northman Eggers rievoca quindi un antico mito norreno tra leggenda e folklore mostrando tutti i cardini della mitologia vichinga, dalla violenza delle razzie dei villaggi alle feste tribali, dal brutale codice etico ai sacrifici umani offerti agli Dei, da Odino alle Valchirie fino all’albero di Yggdrasill, miti che affondano le proprie radici in archetipi antichi quanto la storia dell’uomo.
Molto curato dal punto di vista storico ma soprattutto attento a ricreare l’esperienza magica e sacrale di una cultura così complessa e arcaica, The Northman parte dal famosissimo racconto shakespeariano per costruirvi attorno un mosaico molto più prosaico, un’oscura ballata di sacrale magia norrena tra Fato e Destino, in una spirale di sangue e morte alimentata dal gelido vento del profondo Nord e raccontando le suggestioni e il misticismo dell’antica cultura nordica con sguardo onirico e (soprattutto) simbolico.
E sono proprio questi (i simboli) a guidare le azioni di Amleth e sono ancora i presagi, spesso di sventura, e le maschere del pantheon nordico - tra streghe e indovini, berserkers, corvi e lupi, spade magiche dal sapore arthuriano (o addirittura Hyboriano, data la scena costruita da Eggers per il suo ritrovamento), l’onnipotente/onnipresente Odino e le Valchirie urlanti - a indicargli il cammino che si “sente” costretto a percorrere (e quanto di questa “costrizione” é dovuta alla realtà “magica” del tempo e quanto invece é costruito dalla sua mente?).
Fondamentale in questo l’evocativa fotografia di Jarin Blaschke, capace di creare una resa fortemente pittorica giocando in chiaroscuro con le luci oppure, al bisogno, di lavorare invece di sottrazione desaturando le immagini.
Molto importante poi nel raggiungere questo effetto di disorientamento (psicologico e culturale) anche la colonna sonora di Robin Carolan & Sebastian Gainsborough (in arte Vessel), particolarmente noti nella scena musicale elettronica.
Il film si prende anche moltissimi rischi ma non tutte le scommesse finiscono per essere vinte, e se a sorprendere positivamente é soprattutto l’intensità della sua messa in opera e/o l’aggressività sensoriale di molte delle sue scene, il disegno narrativo, come anche certi personaggi o qualche segmento di storia, risultano didascalici e abbastanza telefonati come anche certe insistenze sul versante onirico e fantastico sfociano a volte in un riverente accademismo.
Questo in quanto deve comunque cedere a qualche compromesso, soprattutto a livello di scrittura, per adattarlo meglio al grande pubblico che lo rendono forse squilibrato ma anche strabordante, eccessivo e viscerale a cui però manca quel quid in più che lo renda davvero totalizzante.
Anche a livello di casting si avverte qualche incertezza.
E se Alexander Skarsgard risulta piuttosto efficace dal punto di vista fisico lo é un pò meno quando c’è da esprimere sentimenti o emozioni che non siano sguardi torvi, possenti spalle arcuate o urla belluine.
Anche il (potenzialmente) notevole personaggio di Anya Tayler-Joy perde molte delle sue peculiarità di maga o strega per ridimensionarsi invece in quella dell’amante (e futura madre della progenie) di Amleth.
Lo stesso anche per Nicole Kidman che si mostra interessante (importante?) solo nel finale mentre migliore é la situazione per Claes Bang, un cattivo che però, alla fine, si dimostra più empatico per il pubblico di tanti altri.
Nel resto del cast anche Ethan Hawke, Gustav Lindh, James Harper-Jones e, in piccoli camei, Bjork e Willem Dafoe
VOTO: 6
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