Regia di Damien Chazelle vedi scheda film
AL CINEMA
"-Sei mai stato su un set?
-No.
-Vedrai! È il posto più magico al mondo ".
È arrivato anche nelle nostre sale il film che segna il ritorno in regia del regista di Whiplash e La La Land.
Babylon, nelle sue tre ore abbondanti di durata, è incentrato sulle vicissitudini che il memorabile passaggio dal muto al sonoro, finisce per determinare, per attori e maestranze di quella mecca della celluloide che è ancora oggi più che mai Hollywood.
Un divo assoluto del cinema (Brad Pitt), una aspirante stella della settima arte che si rivela dotatissima quanto votata all'autodistruzione (Margot Robbie), un musicista di colore che si ritrova catapultato in quel mondo magico (Jovan Adepo), una diva di origini orientali (Li Jun Li) e soprattutto un giovane tuttofare di origini spagnole (Diego Calva) destinato ad una carriera strepitosa grazie al proprio spiccato senso di organizzazione, si ritroveranno coinvolti in un turbine che li travolgerà più nella disfatta che nel successo.
Il film galvanizzante di Chazelle, esaltato e smodato, tutt'altro che privo di punti deboli, riflette in modo acuto ed incisivo sul fenomeno universale che coinvolge l'essere umano ogni volta che il progresso interviene prepotentemente a variare abitudini di vita date ormai per consolidate.
Apportando quasi sempre semplificazioni e miglioramenti per la massa, ma mandando in crisi tutti coloro che da quello stravolgimento vedono mutati i presupposti che li vedevano distinguersi sulla folla indistinta.
Il progresso infatti cambia la vita in meglio alla massa di "scarafaggi" che strisciano nell'ombra e ne sfruttano i benefici.
Ma devasta l'esistenza di chi lo subisce, perché a causa di esso è costretto a rimettersi in discussione.
È successo anche a Hollywood, quando alla fine degli anni '20 il cinema si affacciò alla prospettiva del sonoro.
Chazelle firma con Babylon un progetto megalomane ed imperfetto (a partire dai tratti fisici e personali di molti personaggi dai volti moderni ed improbabili come la permanente della Robbie), ma vivo e folgorante, incentrato su una verità sacrosanta che si sposta dal campo cinematografico ad ogni altro versante del vivere quotidiano.
Babylon parla di cinema riflettendo su una verità sacrosanta, verificabile in ogni comparto: il progresso giova alla massa, agli "scarafaggi" (lo capirete vedendo il film), ma devasta i pochi che lo subiscono in quanto costretti ad abbandonare ciò che li rendeva diversi e migliori.
Chazelle dirige un film inevitabilmente maledetto, magniloquente se pretende di infilarci elefanti e coccodrilli quasi ci trovassimo in un set di un film degli albori di Cecil B. De Mille in una Hollywood piena di sé e ridondante che ha perso il senso della misura, ignara della selezione naturale che il sonoro apporterà alla settima arte.
Chazelle inizia la festa con un incipit orgiastico degno di Baz Lurhmann, ove poco importa se i volti, i tratti somatici di molti tra i protagonisti - in primis la diva senza esserlo ben resa da Margot Robbie, non hanno nulla che possa evocare lo stile e la tendenza di quel periodo: zigomi sporgenti, corpi perfetti ma palestrati e filiformi, dentature da impianto dal bianco che acceca.
Nulla che possa risultare minimamente verosimile in una atmosfera anni 20, se non il buon Brad Pitt che pare un neo Douglas Fairbanks Sr. o ancor più un Errol Flynn che, a differenza dell'originale, soccombe all'avvento del sonoro pur essendo dotato di un timbro vocale affascinante e compatibile con i personaggi che interpreta.
Babylon ha tutto del film maledetto, e le caratteristiche di un film che sarà rivalutato anche grazie al flop annunciato e ormai quasi inevitabile che si porterà dietro dopo i disastrosi introiti americani. Chazelle deborda, esagera, ci trascina negli inferi di una Hollywood devastata dal vizio che vive nelle viscere il vizio più liberatorio ed inconfessabile, come osserviamo nella lunga e sconclusionata parentesi quasi horror con Tobey Mac Guire emaciato e dallo sguardo satanico in un rush veloce che ricorda certi picchi isterici di Gaspar Noé.
Babylon è tante cose messe assieme da un finale che pare interminabile e che svolazza agile tra i soffitti di una enorme sala cinematografica alla ricerca di quella armonia e di quella necessaria presa di coscienza che le nuove tecniche di ripresa hanno comportato per la settima arte. In modo non molto diverso dagli avatar che oggi sostituiscono sempre più gli attori in carne ed ossa, riducendo la loro presenza, per ironia della sorte, proprio ad una sintesi di dialogo che costituiva quel qualcosa di superfluo e non necessario in piena epoca di cinema muto.
-"Il tuo tempo è scaduto, ma vivrai in eterno tra gli angeli e i fantasmi."
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta