Regia di Philippe Grégoire vedi scheda film
A parte l’editing audio un po' disturbante (d'altra parte il titolo già metteva le mani avanti...), Le Bruit Des Moteurs è un film sicuramente originale, ricco di sorprese fin dall'inizio (l'introduzione al corso di addestramento per il personale della dogana canadese, impegnata ad aggiornarsi sulle nuove realtà ed emergenze della sicurezza mondiale, il grottesco approccio sessuale con la giovane di colore che si concede al protagonista con tanto di casco, visiera e guanti...), schegge di follia che attraversano (gridate, oh, quanto gridate!) una storia piuttosto surreale, ma che aggancia a mio avviso in maniera efficace l'assurdo dal quale siamo mondialmente pervasi da qualche decennio a questa parte.
Il personaggio protagonista è una figura apparentemente fredda e lontana dal mondo, tutto preso a sbarcare il lunario in un contesto che poco lo appassiona. Il suo essere catapultato dagli eventi (a muovere gli eventi è un perverso personaggio, la direttrice della Dogana, senz'altro da ricordare) in un contesto ancora peggiore (la pista di corse gestita dalla madre) però, grazie all'incontro un po' fantastico (quasi del terzo tipo ravvicinato) con una petulante ragazza piovuta dall'Islanda, porta in superficie la sua sensibilità più profonda. Ed è forse contro questo emergere che si scaglia contro di lui una società intera dal pensiero falso-perbenista, massificata e piatta, coalizzata e battagliera, intenzionata a reprimere ogni anelito di libertà interiore.
Situazioni al limite dell’assurdo, personaggi disturbati e disturbanti (quasi quanto l’audio), location anche questa estraniante e indefinibile. Il tutto in un contesto di auto ruggenti che mordono un’aria e una terra pulita (la famosa “Terra Nera” del Canada, orgoglio e patrimonio di una natura che stiamo snaturando sempre di più), per un film che, tra quelli in concorso che ho finora potuto visionare al TIFF in corso in questi giorni, è per ora il migliore.
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