Regia di Luigi Magni vedi scheda film
Il fustigatore dei papi e del clero, Luigi Magni, si cimenta qui in un apologo su San Filippo Neri, un santo romano che piacque molto anche al protestante Goethe. Magni, comunque, non appende la sua sferza al chiodo, e continua ad essere se stesso quando rappresenta papi, cardinali, preti e suore. Più precisamente, mostra la figura di don Filippo come un'eccezione di purezza e di innocenza in una Chiesa corrotta e dedita al potere. Il regista è acido anche con figure di santi di quegli anni: Sant'Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, è il più bersagliato (perché poi parla con accento tedesco se era spagnolo?); seguono Santa Teresa d'Avila e San Francesco Saverio. Compare anche una strana suora che fa miracoli, nonostante sia superba.
Stranamente nel colloquio verso la fine tra don Filippo e Cirifischio, il regista depone le armi e riesce a girare la sequenza di un interessante dialogo spirituale non banale e non dissacratorio. Anche le sue rappresentazioni e definizioni di Satana sono sicuramente intelligenti. In generale, è come se Magni avesse una tensione interiore verso la fede e fosse anche capace di intuizioni non da poco, ma sentisse quasi sempre un forte richiamo verso il basso (in tutti i sensi). Infatti cade più volte nel pecoreccio o nello sgradevole, con troppe concessioni a emissioni corporee di vario tipo, tanto che a volte il film sembra un ibrido tra un film di Alvaro Vitali & Co. e qualche fiction religiosa di Rai 1.
La regia è piuttosto televisiva e il ritmo spesso fiacco.
Quali sono i punti di forza, dunque? L'interpretazione di Dorelli, le belle musiche di Branduardi, e il gruppo di bambini. All'epoca mi ricordo che ebbe un grande successo, anche tra i cattolici, che forse non colsero la forza polemica che l'opera in effetti ha. Oggi mostra tutti i suoi limiti, ma anche i pregi che ho indicato qui sopra.
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